Il drammaturgo russo Anton Cechov diceva che se in un romanzo compare una pistola, prima o poi bisogna che spari. I fatti di Voghera ci ricordano che a furia di lanciare allarmi, invocare sceriffi, giocare con le parole, le parole diventano fatti. Che rischiano persino di apparire tragicamente normali. Dunque, in un paese in cui da anni i temi della sicurezza, compresa la recente evoluzione della difesa del «decoro urbano», sono al centro dello scontro tra partiti e di campagne elettorali è inevitabile che l’uccisione di Youns El Bossettaoui da parte dell’assessore alla sicurezza leghista Massimo Adriatici diventi da subito oggetto di dibattito politico.

IL PRIMO a prendere di petto la questione è Matteo Salvini. Nel mezzo di una giornata che lo vedrà impegnato anche a propagandare i referendum radicali sulla «giustizia giusta», il segretario leghista non solo ignora ogni forma di imbarazzo di fronte alla morte di un uomo: tenta anche di ribaltare la situazione a suo favore. Così, diffonde una dichiarazione in difesa di Adriatici che ricorda piuttosto la giustizia fai-da-te. «La vittima aveva aggredito colui che si è difeso – dice Salvini – Lascio poi che siano carabinieri e giudici a decidere, ma molto probabilmente quello che è accaduto è stato un drammatico episodio di legittima difesa». Nella foga di lucrare politicamente sul fattaccio, peraltro, Salvini sembra smentire quella che arriva dall’assessore pistolero, secondo il quale il colpo sarebbe partito per sbaglio dopo che la vittima lo avrebbe spinto.

DA CGIL PAVIA e Cgil Lombardia dicono che El Bossettaoui era afflitto da problematiche di disagio ma che non era un tipo violento. Il sindacato, dunque, «esprime forte preoccupazione per il pericoloso clima venutosi a creare, anche alimentato da una continua propaganda a favore della giustizia ‘fai da te’, da parte di alcune parti politiche. La stessa propaganda che vorrebbe legittimare che in un martedì sera qualunque ci si possa recare ad un bar del centro armati». Da ministro dell’interno, Salvini aveva spinto per approvare la nuova disciplina che estende la fattispecie della legittima difesa in caso di violazione di domicilio privato. Adesso si spinge oltre, arriva a teorizzare una specie di diritto alla giustizia personale che si estende fino allo spazio pubblico. Glielo fa notare la deputata Pd Laura Boldrini: «Mi chiedo come mai un assessore giri armato – dice Boldrini – E soprattutto: sarebbe finita così se non avesse avuto una pistola?».

SI UNISCONO alla condanna anche gli ex alleati del M5S, che quella legge sulla riforma della legittima difesa votarono con Salvini. «Davvero per la Lega la risposta alla criminalità – chiede il presidente della commissione affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia – Può essere quella di mettere una pistola nella tasca di ogni cittadino per farsi giustizia da sé? Io la ritengo un’involuzione disumana. E se fosse stato l’uomo di origine straniera a sparare? Sappiamo bene quale sarebbe stato il garantismo salviniano». «A questo porta parlare di ‘difesa sempre legittima’ – sono le parole di Nicola Fratoianni di Sinistra italiana – A questo porta sdoganare l’odio e la violenza, verbale e fisica. A questo rischia di portare avere sempre più armi in mano ai cittadini. Io non voglio vivere in un paese del genere». E il segretario del Pd Enrico Letta affida la sua posizione ad un tweet: «Oggi a Voghera un uomo è morto, per colpa di una pistola. È un giorno triste. Saranno inquirenti e autorità giudiziarie a decidere. Nessuno si sostituisca a loro. Ma una cosa dobbiamo e possiamo farla: Stop armi private. In giro con le armi solo poliziotti e carabinieri». Il sindaco di Milano Beppe Sala, dal canto suo, si dice «sorpreso dall’atteggiamento quasi distaccato del sindaco di Voghera, della giunta, dei componenti di centrodestra».

MAURIZIO ACERBO, segretario di Rifondazione comunista, assieme al responsabile giustizia del suo partito Gianluca Schiavon tira un filo che dalla provincia lombarda arriva fino all’anniversario del G8 genovese. «L’assassinio di Voghera mostra per l’ennesima volta il grado di pericolosità della demagogia leghista che non a caso attira personaggi violenti e pericolosi – affermano – Solo per citare un caso: Traini, l’autore della tentata strage di Macerata, era un sostenitore di Salvini. È anche inquietante che un assessore che gira di sera con la pistola con la sicura tolta e il colpo in canna come nel far west sia anche docente di corsi per la polizia. È emblematico che questo omicidio coincida col ventennale di Genova 2001».