Non c’è più la crescita di una volta. Secondo l’Istat il Pil nel 2015 si è fermato a +0,6 per cento. Il governo aveva fissato l’asticella allo 0,8 per cento. Non è solo una questione di decimali: quello che colpisce è la tendenza al ribasso dopo i primi trimestri dell’anno. Poi l’inizio della curva discendente. Il Pil è cresciuto dello 0,4% nel primo trimestre 2015, dello 0,3% nel secondo, dello 0,2% nel terzo e dello 0,1% nel quarto. La stima ufficiale della crescita per quanto riguarda il 2015 arriverà a marzo. Per il momento si può dire che è stato il primo anno in positivo dal 2011, quando la crisi ha iniziato a farsi sentire sul serio. Il Pil negativo ha registrato i seguenti valori: -2,8% nel 2012; -1,7% nel 2013; -0,4% nel 2014. Per il 2016 il governo ha fissato l’obiettivo della crescita all’1,5%, poi «limato» all’1,4% dalla Commissione Europea.

Fino a due giorni fa, in un video auto-celebrativo, il presidente del Consiglio Renzi aveva rivendicato la crescita del Pil allo 0,8% nel 2015. Una slide ha fotografato lo storico momento. Ieri il governo ha cercato di abbozzare una replica alla fatalità dei numeri decrescenti: «i decimali contano poco, l’importante è la direzione di marcia che è di crescita» ha detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Il ministro parla della tendenza registrata sull’anno. Sembra invece trascurare il decremento tra il primo e il quarto trimestre. Padoan ha usato il dato «grezzo» del +0,7% non «depurato» da un calendario che nel 2015 ha previsto tre giorni lavorativi in più rispetto al 2014. Bisogna anche ricordare che la stima del governo sul Pil, contenuta nell’aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) era allo 0,9 per cento. Ora è allo 0,6%. Numeri che possono avere un peso sul giudizio in primavera della Commissione Ue sulla legge di stabilità. La strada è così in salita da avere spinto Renzi a studiare come aggirare le «clausole di salvaguardia», gli aumenti automatici dell’Iva e delle accise poste a garanzia delle politiche economiche pubbliche dal 2011. Aumenti che scatteranno nel caso in cui il governo non praticherà tagli o aumenti di tasse per un valore corrispondente. Il presidente della Commissione Ue Juncker ha ribadito di non volere concedere altra flessibilità all’Italia. La primavera si annuncia tempestosa.