Sui nuovi drammi dell’immigrazione adesso si sveglia l’Europa. Come al solito sempre dopo che le cose sono accadute e come al solito facendo promesse che non può e forse neanche vuole mantenere. Come quelle annunciate ieri dal commissario europeo per l’Immigrazione, il greco Dimitris Avramopoulos, che parlando dei mercantili carichi di disperati arrivati in questi giorni in Puglia e Calabria, ha di nuovo dichiarato guerra alle organizzazioni criminali e annunciato un piano di Bruxelles per un «approccio globale alle migrazioni». «I trafficanti stanno trovando nuove strade in Europa e stanno impiegando nuovi metodi per sfruttare i disperati che cercano di scappare da guerre e conflitti», ha detto Avramopoulos garantendo che l’impegno nel contrastarli rappresenta una «priorità» nei piani dell’Ue. «Dobbiamo agire contro i trafficanti. Non possiamo permettere loro di porre a rischio vite su navi abbandonate in condizioni meteo pericolose», ha aggiunto facendo riferimento alla circostanza – ancora non dimostrata dalle indagini e anzi da molti considerata improbabile – che gli scafisti abbandonerebbero navi e migranti al loro destino una volta giunti nelle acque territoriali italiane.
Di fronte a tanta determinazione, c’è da aver paura. Ovviamente non per le organizzazioni criminali, che hanno più volte dimostrato di saper aggirare qualunque ostacolo messo in atto dalla politiche repressive dei vari Stati continuando a svolgere senza problemi i loro traffici illeciti. No, c’è da aver paura per i migranti. Fino a oggi infatti ogni volta che Bruxelles ha annunciato di voler contrastare i mercanti di uomini, a farne le spese sono state proprio le centinaia di migliaia di disperati che ne sono vittime.
Gli esempi non mancano. Subito dopo la strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013, dove persero la vita 366 profughi tra uomini, donne e bambini, un vertice Ue si impegnò a «evitare che i migranti intraprendano viaggi pericolosi», e questo per «ridurre il rischio» di nuove tragedie. Parole naufragate ben presto nel niente. Per fortuna l’Italia per una volta non è restata a guardare e ha dato avvio all’operazione Mare nostrum che in 14 mesi ha salvato poco meno di 170 mila profughi. Missione definitivamente chiusa quattro giorni fa dal ministro degli Interni Alfano e dal governo Renzi.
Nel frattempo, però, l’Europa ha continuato a far finta di contrastare i trafficanti. Un altro buon esempio è Mos Maiorum, operazione che ha coinvolto le polizie europee messa a punto dall’13 al 26 ottobre scorsi dall’Italia durante il semestre di presidenza dell’Ue e coordinata dalla Direzione centrale per l’immigrazione e la polizia di frontiera. Due gli scopi dichiarati: indebolire le capacità delle organizzazioni criminali, ovviamente, ma anche raccogliere informazioni sui migranti: nazionalità, genere, età, luogo e data di ingresso nell’Ue, ecc. In pratica una schedatura. La missione aveva contorni un po’ misteriosi, tanto che alcuni europarlamentari hanno provato a chiedere spiegazioni e sia il Consiglio Ue che Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, ne hanno preso le distanze. Difficile dire quali risultati Mos Maiorum abbia raggiunto, soprattutto nello scoraggiare i trafficanti, visto che un rapporto conclusivo dell’operazione, annunciato per lo scorso 11 dicembre, non sembra sia stato mai presentato.
C’è poi Triton, la missione europea che ha preso il posto di Mare nostrum senza però sostituirla. I mezzi di Triton sono attestati sulle 30 miglia dalle coste italiane, molto più arretrati rispetto alle navi della Marina militare italiana e hanno soprattutto il compito di sorvegliare il confine europeo. Da quando è cominciata, il 1 novembre scorso, hanno comunque tratto in salvo migliaia di migranti, ma il direttore di Frontex, da cui la missione dipende, si è già lamentato per i troppi salvataggi «fuori area» eseguiti.
In realtà se davvero Bruxelles volesse salvare la vita dei migranti, ormai quasi tutti profughi in fuga dalle guerre, potrebbe farlo senza problemi andando a prenderli lì dove si trovano. Operazione possibile allestendo uffici dell’Ue e dell’Unhcr, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, nei paesi di transito dei migranti. Su questo punto, però, finora poco o niente è stato fatto. A dicembre è stata varato il processo di Khartoum, accordo tra Ue e alcuni paesi africani per l’apertura di campi dove raccogliere i profughi in attesa di esaminare le richieste di asilo. Il piano, per ora solo annunciato, potrebbe essere un modo per togliere davvero i migranti dalle mani dei trafficanti. A meno che i campi in questione non diventino un comodo contenitore per tenere i profughi lontani dall’Europa.