Nessuno «spazio di bilancio» per fare altre spese o tagliare le tasse. Ovvero i «30 miliardi di euro» della «flat tax» che Salvini dice di avere contato «centesimo per centesimo» e ora pretende di adottare affinché il governo con i Cinque Stelle sopravviva almeno fino alla prossima legge di bilancio. Nelle raccomandazioni di ieri la Commissione europea gli ha recapitato un messaggio: il governo non ha quei soldi e, anzi, «le entrate impreviste vanno usate per accelerare la riduzione del debito». Un debito comunque destinato a crescere fino a oltre il 135% del Pil e che, se si potesse davvero ridurre secondo il parametro di Maastricht al 60% (definito «stupido» da Romano Prodi nel 2013), produrrebbe un massacro sociale.

SALVINI HA CONTINUATO ieri a raccontare la bufala neoliberista secondo la quale la «flat tax» porterà alla crescita e, dunque, al calo del debito. Pensando che i redditi non tassati saranno in seguito reinvestiti nell’economia reale permettendo «agli italiani di lavorare di più». Lo scontro andrà avanti per mesi anche perché il governo continua a cincischiare e finge di non avere ancora analizzato le conseguenze reali del fanatismo neoliberista della Lega ispirate alla curva di Laffer, nome di un professore americano diventato simbolo della «Reaganomics», oggi reperto archeologico classista rilanciato dai leghisti a dispetto dei seri dubbi sulla sua efficacia e dei veri problemi di giustizia della misura.

L’IMBARAZZO DEL GOVERNO è tale che ieri, in viaggio in Vietnam, il presidente del Consiglio Conte ha sottolineato che «sul mio tavolo non c’è ancora nulla». Gli «alleati» leghisti troveranno senz’altro il modo di recapitargli la ricetta che si aggiunge ai 23 miliardi necessari per sterilizzare l’aumento dell’Iva nel 2020. Nell’attesa Conte ha provato a rispolverare le sue «ambizioni» e, citando indirettamente il governatore di Bankitalia Visco, ha detto che non si accontenterà «di rimodulare le aliquote, bisogna lavorare a un disegno più organico, a un fisco amico». Si vede che l’«avvocato del popolo» «non vuole vivacchiare». È ambizioso, ma rischia di vivere al di sopra delle sue possibilità. Patti chiari, amicizia (con il fisco) lunga. Nel contratto che amministra la «flat tax» c’è. E dovrà applicarla. In un modo (bocciato dal tribunale di Bruxelles) o in un altro (con i diktat di Salvini).

È IL FATTO politico-economico in una giornata in cui il governo è stato ampiamente bocciato su molti fronti. La sentenza emessa dal poliziotto cattivo dell’esecutivo comunitario, il vicepresidente lettone Valdis Dombrovskis, è stata tanto chiara quanto moderata dalla citazione disincantata di Edith Piaf fatta dal poliziotto buono Pierre Moscovici. Il commissario agli affari economici «ne regrette rien, rien de rien», non rimpiange di non aver raccomandato l’apertura di una procedura per debito già nello scorso dicembre, visto che ora la situazione dei conti pubblici è peggiorata. È stato solo rinviato lo scontro, ed è probabile che lo sarà ancora, fino alla composizione della nuova commissione dopo il 31 ottobre. Sono due debolezze che oggi dicono di volere «dialogare»: l’una con la minaccia della procedura, l’altra con una maggioranza con le idee sempre più confuse.

«QUOTA 100». In attesa del responso sulla procedura da parte dei ministri economici dell’Ecofin, la Commissione ha respinto l’altra bandiera leghista per le ragioni sbagliate: non perché non corregge affatto la «riforma Fornero», se non episodicamente, ma perché i conti delle pensioni italiane sono troppo alti. È noto, invece, che Bruxelles calcola insieme alle pensioni anche l’assistenza. Scorporando i dati, i numeri sono ampiamente nella norma. Al netto di altri ritornelli tipici di queste corrispondenze, come la riforma della giustizia in termini di «efficienza» o di modifiche a metà del guado (riduzione delle sofferenze bancarie), il centro delle critiche è il mancato rispetto degli obiettivi di deficit strutturale, il «buco» nei conti pari a circa 9 miliardi di euro (circa lo 0,5% del Pil) tra il 2018 e il 2019. La risposta del governo, affidata a un debole comunicato di palazzo Chigi, si limita a contestare le stime della Commissione sul deficit: non sarebbe al 2,5%, ma al 2,1% in virtù di calcoli e risparmi diversi sia su «Quota 100», sia sul «reddito di cittadinanza»: pari a 1,3 miliardi di euro quest’anno.

TUTTO QUESTO in uno scenario di «crescita» vicina allo zero, per ora.Potrebbe non durare a lungo. E non saranno i tagli di Salvini o il «fisco amico» di Conte a rianimarla.