Per K. S. Karol
Con quella voce slava e latina interrogavi, quoi?, la mattina, dicevi nel saper fare francese i dubbi della stagione cinese, aspettavi con sangue spagnolo la ragazza del secolo che c’è, […]
Con quella voce slava e latina interrogavi, quoi?, la mattina, dicevi nel saper fare francese i dubbi della stagione cinese, aspettavi con sangue spagnolo la ragazza del secolo che c’è, […]
Con quella voce slava e latina
interrogavi, quoi?, la mattina,
dicevi nel saper fare francese
i dubbi della stagione cinese,
aspettavi con sangue spagnolo
la ragazza del secolo che c’è,
breve, perché umana è la durata.
Ancora il mondo porta il segno
profanato dell’esperimento profano.
T’ho invidiato la serena voce
nell’inquietudine del tempo,
il sale necessario del sorriso.
E l’eleganza di guardare assieme
perché fosse come da cavallo.
Tu sei esistito e non si interrompe
per la persa luce degli occhi
e l’incavo del buio che giacevi.
Esisti, lei con amore t’ha prestato
l’orizzonte del corpo limitato.
Esisti, hai lavorato a fare docile
la barra della storia alla ragione.
Sei l’unico impermeabile di Bogart
rimasto, che dentro protegga
l’infanzia d’una guardia rossa.
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