Come nei 61 collegi della Sicilia nel 2001, il «fascio-leghismo» di Berlusconi reloaded si prepara a monopolizzare i seggi parlamentari del Veneto. E conta di replicare il trionfo nei 44 comuni grandi e piccoli, più o meno orfani del «vecchio» Pd.
Marco Bonet del Corriere Veneto ha rivelato il «sondaggio segreto» che attribuisce consensi bulgari al blocco Fi-Lega-FdI: 28 collegi uninominali su 28 in palio alle elezioni di marzo. Uno scenario da incubo. Del resto, fa il paio con le Regionali 2015: Alessandra Moretti totalizzò 503.147 voti (con il 22,7% cioè il minimo storico) rispetto ai 1.108.065 di Luca Zaia, confermato con la maggioranza assoluta.

Di qui le grandi manovre. A Padova, i dem hanno addirittura offerto un seggio sicuro al vice sindaco Arturo Lorenzoni. Ma il leader di Coalizione Civica ha respinto al mittente la proposta: si era schierato con Pisapia che però non è più in campo. Sono tornati in circolo gli uomini della storica «ditta»: l’europarlamentare Flavio Zanonato, il bersaniano per antonomasia Davide Zoggia e il consigliere regionale Piero Ruzzante fanno sapere di essere più che disponibili alla candidatura di bandiera sotto il simbolo del partito di Grasso.
Proprio dalle sinistre Doc dipenderà il destino dei municipi di Treviso e Vicenza, sconquassate dallo scandalo di Popolare e Veneto Banca che ha bruciato almeno 10 miliardi di euro. Il Pd nella versione «civica» autosufficiente aveva trionfato nel 2013 con l’avvocato boy scout Giovanni Manildo e con l’inossidabile Achille Variati al primo turno. Ma in primavera, si profila un vero e proprio campo minato.

Manildo a Treviso cerca il bis con la lista civica personale, nella speranza che basti fotocopiare l’esperienza padovana. Dovrà fare i conti con il leghista Mario Conte, candidato unico del centrodestra spinto dal tandem Salvini & Zaia. Mina vagante lo «sceriffo» 88enne Giancarlo Gentilini che ha monopolizzato Ca’ Susegana per vent’anni.
A Vicenza, i sette seggi delle primarie del 3 dicembre hanno già scompaginato i calcoli del Pd renziano. Per soli 38 voti il candidato sindaco sarà il manager Otello Dalla Rosa, 49 anni, ex socialista con la tessera Pd. I salotti buoni pretendevano di dettar legge con la sussidiarietà di Giacomo Possamai, 28 anni, già vice segretario nazionale dei giovani dem e capogruppo in comune.
Al di là dell’imbarazzante somiglianza con Lotti, aveva imbastito un’altra «bella storia» di facciata in stile Leopolda. Peccato che la copertura mediatica di famiglia non sia bastata. Anzi, Possamai ha scontato un curriculum più che privilegiato (dal viaggio elettorale con Obama all’incarico nel governo Letta). E pagato a caro prezzo i costi della campagna elettorale, quanto la stridente professionalità al servizio di Unicomm (la grande distribuzione di Marcello Cestaro).

Debora Serracchiani abbandona il Friuli per debuttare in parlamento: l’addio della governatrice combacia con la raffica di clamorose sconfitte clamorose (da Trieste a Gorizia); tocca al vice Sergio Bolzonello arginare l’assedio del centrodestra. Intanto il 13 gennaio debutta il «cantiere innovativo» del candidato sindaco di Udine: Vincenzo Martines, uomo della Quercia, è convinto di poter allargare a sinistra il perimetro della coalizione.
Non va meglio in Trentino, perché anche il presidente della Regione a statuto speciale Ugo Rossi sembra al capolinea. Da settimane si tratta dietro le quinte per i nuovi collegi delle politiche come per le candidature nelle due province autonome. Tutto ruota intorno agli scambi – personali prima ancora che politici – fra Pd, Südtiroler Volkspartei e Partito autonomista trentino tirolese.