Inutile spulciare le agenzie. Un commento a cinque stelle sulla scissione di Matteo Renzi non lo si trova. Il colpo di testa è incerto. La sensazione che senza i numeri per formare il gruppo alla Camera la partita dell’ex premier sarebbe persa in partenza diffusa. E allora perché affrontare un capitolo così imbarazzante senza neppure esser certi che ce ne sia bisogno?

Se la scissione arriverà davvero, quell’imbarazzo sarà inevitabile e prolungato. Il gruppo di Renzi diventerà la quarta gamba della maggioranza, e non certo la meno influente. Tanto più se qualche parlamentare azzurro deciderà di aggregarsi. Mara Carfagna ha smentito ogni voce su una sua possibile adesione al progetto renziano, ma basterebbero 3 o 4 parlamentari, e c’è chi parla addirittura di una decina, per regalare a Renzi un argomento pesante: la rivendicazione di un allargamento della maggioranza a sostegno di un governo figlio suo più che di chiunque altro.

Con i renziani, dunque, l’M5S, dopo aver strillato di non volerci avere nulla a che fare, dovrà in caso di scissione trattare ogni santo giorno: sulla legge di bilancio, sugli indirizzi economici, sulle nomine, che sono in fondo una delle motivazioni principali della scissione. E poi naturalmente, se il governo ci arriverà, sull’elezione del presidente della Repubblica. Ieri mattina i sottosegretari hanno giurato. Il governo è pronto a salpare e la componente renziana è robusta, anche se non tutti i ministri e sottosegretari sono pronti a seguirlo nel nuovo azzardo. In fondo il gruppo parlamentare autonomo alla Camera, essendo al Senato impossibile formarlo per regolamento, serve proprio a rendere effettiva e incisiva la presenza dei renziani nella maggioranza.

In altri tempi la comparsa della gamba renziana dell’alleanza avrebbe creato più di qualche problema. Oggi a Di Maio ci vorrà poco per far finta di niente. Certo un incontro tra i due prima o poi sarà quasi inevitabile. Secondo alcune voci incontrollate potrebbe essere imminente. Se ci sarà, avverrà comunque quanto più lontano possibile dalle luci della ribalta. L’imbarazzo per Di Maio, in quel caso, diventerebbe probabilmente esagerato.

Queste sono le spine. Non mancano i petali. Tanti quante sono le elezioni regionali e comunali che nei prossimi mesi costituiranno il vero banco di prova dei giallorossi. La chiassosa domenica di Pontida ha messo in chiaro quale sarà l’opposizione di Salvini: Piazza contro Palazzo. Il voto degli elettori contro quello dei parlamentari. Assedianti e assediati. E’ una tattica che può funzionare ma che richiede la certificazione di quella «maggioranza popolare» nelle urne. Nel diluvio delle prossime prove elettorali sia Salvini che la nuova maggioranza si giocano tutto. Per M5S e Pd affrontarle insieme è quasi un obbligo: la presenza dei renziani nel Pd avrebbe reso il compito molto più difficile.

Senza Renzi di mezzo tutto sarà più facile. L’ex segretario criticherà l’avvicinamento, affilerà le armi per quando sarà il momento di dar vita a un vero e proprio partito centrista, suo in tutto e per tutto, da contrapporre a un Pd «sbilanciato a sinistra e verso i 5S», ma non si metterà di mezzo. Certo non metterà in campo sue liste. E’ un problema in meno, per una potenziale alleanza politica che già ne ha parecchi.

La proposta avanzata da Luigi Di Maio per l’Umbria, sostegno comune a un candidato presidente civico e a una giunta senza politici all’interno, apre la pista.

Bisogna trovare un candidato, certo, ma si troverà e l’Umbria è il terreno ideale per testare l’alleanza, dato che lì i rapporti tra i due partiti sono buoni. Riproporre il modello in Emilia sarà però più arduo: il Pd dovrebbe sacrificare il presidente uscente Stefano Bonaccini. Un prezzo davvero enorme, forse intollerabile. Se non fosse perché dalla vittoria in Emilia dipende in buona misura la sorte stessa della segreteria Zingaretti e perché, una volta sacrificato il presidente dell’Emilia, il Pd potrebbe rivendicare l’applicazione del modello ovunque. Anche nella partita che nei prossimi mesi peserà anche più dell’Emilia: quella per Roma.