In questi ultimissimi anni, i problemi che affliggono l’industria cinematografica giapponese contemporanea hanno cominciato ad affiorare sempre di più. Da una parte a causa della pandemia che ha estremizzato e fatto precipitare la situazione, dall’altra l’avvento del movimento metoo, con un certo ritardo, anche nel Sol Levante, dove negli ultimi mesi sono venuti a galla scandali che non hanno risparmiato anche i nomi più importanti. Ma le problematiche non sono solo queste, sono di sistema e se vogliamo dirla tutta, sono parte integrante della società giapponese nel suo complesso, almeno a livello lavorativo.

Due anni or sono, i registi Hirokazu Kore’eda, Nobuhiro Suwa, Yukiko Sode, Miwa Nishikawa, Koji Fukada e Atsushi Funahashi fondano il gruppo Eiga Kantoku Yushi no Kai con l’obiettivo di discutere e evidenziare i problemi che affliggono l’industria cinematografica del loro paese ed offrire possibili soluzioni.
Spinti forse dal numero sempre più crescente di denunce di prestazioni sessuali richieste in cambio di parti assegnate nei film, il caso più eclatante è quello di Sion Sono, di abusi di potere e violenze sul set, Masato Harada e recentemente anche Naomi Kawase sono saliti alla cronaca, ma anche dal moltiplicarsi delle confessioni di chi questi abusi li ha subiti, ricordiamo qui almeno i lunghi articoli scritti in proposito dalla regista Yang Yonghi, martedì scorso i registi hanno organizzato una conferenza stampa per annunciare il lancio di un nuovo gruppo e delineare i loro piani futuri. Attraverso le parole di Kore’eda, uno dei portavoce e sicuramente il più famoso dei membri, il nuovo gruppo, denominato action4cinema/Nihon ha CNC wo motomeru kai, ha annunciato che l’industria cinematografica dell’arcipelago necessita l’istituzione di un’organizzazione simile al CNC in Francia o il Korean Film Council nella Corea del Sud, in modo che si instaurino vari tipi di sostegno e supervisione all’interno del settore.

Kore’eda, Funahashi e Suwa hanno rivelato durante la conferenza stampa alcune linee guida volte a prevenire l’abuso di potere nell’industria, come ad esempio non permettere ai registi di lavorare con gli attori da soli, anche durante i provini, e la regista Sode ha portato inoltre la propria esperienza personale come donna, rimarcando come nel mondo del cinema giapponese comandino gli uomini e non ci siano donne in posizioni decisionali, anche perché non è praticamente tollerato lavorare mentre si crescono i figli. Kore’eda e Suwa hanno poi sottolineato come per coloro che lavorano nel cinema, specialmente per le nuove generazioni, è praticamente impossibile immaginare una carriera normale, i salari sono bassi, le ore di lavoro mal retribuite e i contratti non garantiti, molti quindi finiscono per dedicarsi al cinema nel tempo libero, addirittura come volontari. Chi ne guadagna allora sono le grandi case di produzione o più spesso gli agglomerati che si formano per la produzione di specifici film, i famigerati committee, gruppi che mettono insieme parti disparate e che di solito si intendono poco o niente di cinema. Questo nuovo gruppo ha già incontrato varie organizzazioni, governative e non, del settore e ha già ricevuto il pubblico sostegno di altri importanti nomi fra i quali i registi Yoji Yamada e Kiyoshi Kurosawa e l’attore Koji Yakusho.
Nessuno di coloro che sono impegnati in questa iniziativa si aspetta cambiamenti significativi fin da subito, come si diceva all’inizio, si tratta di problematiche che vanno ben al di là dell’industria cinematografica, ma si tratta di un inizio e di una presa di posizione che andava fatta e che avrà probabilmente ripercussioni di lunga portata.

matteo.boscarol@gmail.com