Esisteva a Roma alla fine degli ani 60 un gruppo di giovani artisti che venne a formarsi per forze naturali, figli andati via di casa, senza un obiettivo preciso che si riunivano intorno al flipper Poker d’Assi al bar di Toto, in via Monserrato dietro Campo de’ Fiori, provenienti da diversi quartieri della città.
Erano anni di esplorazione di un nuovo modo di vedere il mondo e la vita. Anni in cui tutto veniva messo in discussione. Si fumava hashish, si sperimentava con Lsd e con l’anarchia esistenziale quotidiana. Con l’Lsd la visione del mondo cambiò irrimediabilmente, per sempre.
Stefano era uno di loro/noi benché fosse sostanzialmente un solitario. Non era una persona comune. Era un mago del disegno, suonava il clarone ed era un gran viaggiatore del mondo circostante e di se stesso, un vero entronauta. Viveva nella soffittina, una soffitta in via dei Cappellari che per arrivarci bisognava fare cinque piani di scale sostanzialmente al buio. Da quella soffitta Stefano partiva spesso di notte per viaggiare sui tetti di Roma. Nacque così il personaggio di Gattomo, un tipo che, appunto, va in giro per i tetti di notte. Ogni tanto i vicini chiamavano la polizia. Nella soffittina si passarono molte notti ascoltando musica e disegnando o facendo quello che ci pareva. Ognuno nel suo trip, come si diceva.
Stefano era un vulcano di creatività con penna e matita, ma anche la musica era il suo forte. Durante la notte lo si poteva sentire in qualche vicolo di Trastevere o Campo de’ Fiori soffiare nel suo clarone con dei bassi impressionanti e suoni gutturali, che poi erano parole d’amore per la vita dette nel becco dello strumento. Aveva uno stile personale, che a volte ricordava Eric Dolphy. Spesso ci riunivamo a suonare, a volte sotto ponte Sisto, a volte al teatro La Fede a Porta Portese, a volte nella sua soffitta il cui lucernaio dava sul cielo, finestra sull’immenso, pista di decollo di molti viaggi interstellari.
Da questa finestra Stefano nel silenzio della notte leggeva le stelle, la loro luce, il loro movimento nell’universo e metteva in relazione il tutto. Divenne un bravissimo astrologo. Spesso parlava in forma alchemica che, a chi non sapeva, risultava incomprensibile. Una lingua da matti. Fra le carte dei Tarocchi Stefano scelse di essere il Matto, probabilmente per essere lasciato in pace dall’«uomo comune», la gente del mercato, il vinaio di Campo de Fiori, dove lui andava a trovare gli amici ma non beveva. Stefano non beveva. «Quello è matto» dicevano non sapendo che la sapeva di gran lunga molto più di loro. E pensandola così accettavano le sue stranezze.
Assunse presto la visione magica della vita. Le interconnessioni delle casualità, gli interventi planetari, i viaggi interiori alla ricerca della sicuramente incontrata Illuminazione, ripercorrendo il cammino dell’Eroe in cerca dell’Oro Alchemico, lo presero sempre più. Sempre più interessato allo spirito e meno alla materia. «Non si vive di solo spirito» gli disse una volta Gabriella.
La vita mi ha portato lontano da Roma, ma tornare ogni tanto alla soffittina ha comportato sempre una certa emozione di animo. Lì il tempo non è mai trascorso e le mie memorie delle ore e notti passate in quello spazio sono vive e fanno parte in parte del mio modo di vedere le cose. Durante le ultime visite si parlava di salute e del suo non sentirsi bene. Lo vidi preoccupato e per la prima volta, forse, alle prese con la materia, ma di questo non metterei la mano sul fuoco. L’ultima volta che passai a trovarlo una voce bassa e stanca mi disse attraverso il citofono di ripassare più tardi. «Ciao Paolo, no senti, sono stanco, mi sto riposando. Passa più tardi…ciao, ciao». Purtroppo non ripassai e questa fu l’ultima volta che parlai con lui. Era il 3 Dicembre 2018 verso le cinque del pomeriggio. Non molto tempo dopo Stefano avrebbe cominciato il suo Viaggio, avrebbe finalmente potuto accertarsi se le cose stanno come pensava lui o no.
Caratene ci lascia una gran quantità di opere fra disegni, dipinti, libri di magia, libri di viaggio in Afghanistan, fumetti in cerca della Verità, sulla trasformazione della Materia, la ricerca dell’Oro, ed altre avventure cosmiche sempre assolutamente con un grandissimo senso del’umorismo. In più ci lascia diversi cd di musica, pezzi con parole più o meno automatiche di susseguenza logica o no, sempre improvvisate seguendo gli umori del momento. Anche del momento storico, parole contro la Quarta Guerra Mondiale. La guerra dei Rambo. Ma anche parole d’amore limpide e trasparenti. Stefano amava il Sole e credeva nella Elioricarica.
Questo ricordo di Stefano lo dedico agli amici e amiche del Bar di Toto con i quali si è andata rafforzando una amicizia fraterna da più di mezzo secolo.

 

Foglie d’erba psichedeliche, Matteo Guarnaccia commenta la sua attività artistica, qui

Giorgio Braschi ricorda gli anni condivisi nella facoltà di architettura, qui

Gianfranco Fiore e le loro discussioni a Campo de’ Fiori, qui