I vescovi accusati o colpevoli di «abuso di ufficio» sui casi di pedofilia saranno giudicati da un’apposita sezione che verrà creata all’interno della Congregazione per la dottrina delle fede, ovvero l’ex Sant’Uffizio.

Lo ha stabilito ieri papa Francesco, al termine della riunione del cosiddetto C9 – il Consiglio dei cardinali che lo sta aiutando nell’elaborazione di un progetto di riforma della Curia e nel governo della Chiesa –, accogliendo una proposta voluta dalla Pontificia commissione per la tutela dei minori (in cui sono presenti anche due laici, Mary Collins e Peter Saunders, che subirono abusi sessuali da alcuni preti), presieduta dal cardinale statunitense, il cappuccino Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston, diocesi già investita da uno scandalo di pedofilia.Non si tratta dell’introduzione di un nuovo reato, ma della definizione di una precisa «procedura con cui affrontare questi casi» che fino ad ora – nei rari casi in cui il Vaticano ha proceduto nei confronti di un vescovo – erano gestiti senza un «protocollo» definito.

Nella fattispecie è stabilito che «la competenza a ricevere ed esaminare le denunce di abuso d’ufficio episcopale (il comportamento dei vescovi che non hanno dato seguito alle denunce di abusi e violenze sessuali da parte di ecclesiastici su minori, n.d.r.) appartenga alle Congregazioni per i vescovi, per l’Evangelizzazione dei popoli o per le Chiese orientali» – a seconda dell’area in cui sarebbe stato commesso il reato –, e che poi il giudizio spetti alla Congregazione per la dottrina della fede. All’interno di essa sarà istituita «una nuova Sezione giudiziaria», guidata da un segretario, che quindi si affiancherà all’unico segretario al momento previsto e che collaborerà strettamente con il prefetto della Congregazione.

Una riorganizzazione che dovrebbe rendere la procedura più rapida e funzionale. In ogni caso il papa ha stabilito «un periodo di cinque anni in vista di ulteriori sviluppi delle presenti proposte e per il completamento di una valutazione formale della loro efficacia». Resta il nodo della collaborazione con le autorità civili degli Stati, non ancora affrontato e regolato.