Si può escludere che Richard Wagner abbia mai immaginato un crepuscolo degli dei tanto tapino, così lontano dalle tonalità eroiche che si presume accompagnino sempre l’epica della decadenza. Il sito di Forza Silvio è improvvisamente scomparso dal web: fatture non pagate. Più Alberto Sordi che I Nibelunghi. Battaglie per carità ce ne sono. In Puglia, e adesso anche in Liguria. Ma somigliano a randagi che si azzannano per l’ultimo osso più che a Sigfrido o Hagen.
E pensare che doveva essere un giorno di festa ad Arcore. Pena estinta, passaporto restituito: Berlusconi è un uomo libero. C’è ancora, è vero, l’ombra della legge Severino, che gli impedisce di candidarsi fino al 2019. Ma persino sul quel delicato fronte un segnale di pur timido ottimismo sarebbe arrivato, con la sentenza Contrada. In ogni caso il campionissimo del centrodestra può finalmente tornare a fare a tempo pieno quel che gli riesce meglio: il piazzista politico più brillante che abbia calcato le scene del teatrino della politica. E almeno lui è, o era fino a poco tempo fa, convinto di poter ancora fare la differenza.

Invece no. Nessuna festa. La libertà ritrovata arriva proprio nel mezzo dello sfaldamento totale non solo del partito di Arcore ma di tutta l’area politica che Berlusconi aveva compattato e che ha fatto il bello e il cattivo tempo per vent’anni in Italia, ma che, si scopre davvero solo adesso, non ha mai avuto altra ragion d’essere se non l’occupazione del potere. Era già evidente che il caso pugliese non fosse un’eccezione. Ora la giostra impazzita ligure conferma. Due giorni fa, all’improvviso, è comparsa una lista di destra, Liguria Libera, che non intende appoggiare il candidato di Fi e Lega, Giovanni Toti, e schiera il suo campione, Enrico Musso. La nota dolente è che la formazione di Giorgia Meloni e La Russa, FdI, pare decisa, pur se non ancora ufficialmente, ad appoggiare Musso e non Toti. L’azione di disturbo di Liguria Libera non è affatto trascurabile. Ieri giravano addirittura voci, quasi certamente infondate ma eloquenti, su una possibile rinuncia di Toti. Nemmeno l’altro spezzone impazzito dell’ex centrodestra, l’Ncd di Alfano, appoggerà Toti, il megafono di re Silvio. I “centristi” sono ancora indecisi se schierarsi con Musso o con la candidata Pd Paita, ma è un dubbio più di facciata che di sostanza. Alla fine saranno con il Pd.

In Puglia il dramma si è in realtà già tutto consumato. Oggi scadeva l’«ultimatum» posto da FdI: o tutta Fi, Fitto incluso, si schiera dietro Adriana Poli Bortone, oppure noi ci coalizziamo per Schittulli e chi se ne frega se l’ex sindaca di Lecce è iscritta proprio a FdI. Le conseguenze della lacerazione non tarderanno ad arrivare. Donna Adriana straccerà la tessera, e poco male. Ma stando alle minacce di Toti anche quella di Fitto verrà stracciata. Non da lui ma dal gran capo in persona: «Ovvio che se appoggia un candidato diverso da quello del partito, si mette fuori da Fi». Ovvio fino a un certo punto, essendo vacante quel collegio dei probiviri delegato alle espulsioni. Il tutto, c’è da scommettere, finirà in tribunale.
C’è una logica dietro le deliranti manovre in corso, anzi ce ne sono due. La prima è quella di chi mira ad allearsi ovunque possibile con Berlusconi, non perché lo consideri ancora vegeto, ma al contrario perché, dandolo già per trapassato, ritiene che sia questa la maniera migliore per trasferire i suoi residui voti nei propri forzieri. E’ la strategia di Salvini, e spiega le numerose alleanze con Fi, inclusa quella in Puglia. La seconda logica appartiene a tutti quelli che, invece, l’ex onnipotente vogliono toglierselo dai piedi il prima possibile, convinti che sia lui il principale ostacolo al loro decollo. Sono legione: Fitto, Alfano, Meloni, ma anche, acquattato, Corrado Passera.
Sono logiche miopi. Porteranno pure, ad alcuni tra i contendenti, qualche voto in più. In compenso faranno della destra italiana una fortezza spianata, pronta a essere saccheggiata dal primo Renzi che passa.