Seguo Gino Trucillo da oltre vent’anni, eppure confesso che, da un autore tanto assorto, raccolto, erudito, non mi sarei aspettato un romanzo come Io Smile (Effigie, pp. 74, € 15,00). Il perché è presto detto: accompagnato da una serie di variegati disegni di Lino Fiorito, il libro racconta una storia di fantascienza distopica, crudele, ipertecnologica. Siamo molto lontani dalla poesia di questo autore, e in definitiva anche dalla sua prima prova narrativa. Qui ci troviamo infatti a metà strada tra Noi di Evgenji Zamjatin (che negli anni Venti anticipò l’orwelliano 1984) e i racconti straniati di Philip Dick. Rispetto ai suoi trascorsi, Trucillo dimostra il coraggio di piegare il proprio stile verso una voce nuova, esplicitamente politica.

In un mostruoso mondo governato dal corpo del tiranno Trumpet, «intubato e tenuto in vita artificialmente da una ragnatela di sonde e cateteri fluorescenti», seguiamo l’itinerario di liberazione compiuto da un attore cyberizzato. Si chiama Smile e appartiene alla casta degli idoli mediatici detti Aicona: è composto da «un terzo d’immagine, un terzo di energia e due terzi di consenso».

La società futuribile in cui vive, prevede la caccia ai numeri come unica forma di sopravvivenza per il popolo (gli Invisibili) e contempla ambitissime aste di prostitute (le Barbies). Ma al centro di tutto ciò sta l’idea di un pubblico ridotto a pura «carne da visione». Se esistere significa essere visti, logico che il protagonista confessi: «Se non lavoro, sbiadisco come l’ultimo dei miraggi. Lo sguardo degli altri è il mio unico fattore di sopravvivenza». Del resto, agli spettatori-consumatori di questo universo commerciale e pop, «ogni rivelazione arriverà a puntate».

È un trionfo dell’offerta speciale, tra narcotici di Stato, sponsor, selfie e mercato del Karmalat (l’igiene del cosmo). Perciò, si chiede Smile, in una realtà in cui i programmi di ingegneria onirica hanno resettato l’ippocampo, «che cos’è un corpo? Per noi Aicone appena l’eco di un’incrinatura».
La novella si svolge su due piani, che confluiscono nella rivoluzione finale. L’amore dell’eroe per una Barbie innescherà quel progressivo ritorno alla coscienza di cui gli fornisce qualche spiegazione un amico: «I programmi, quando si consumano, mostrano attraverso la propria trama logorata l’impronta di ciò che li aveva preceduti, la spinta del passato». Assistiamo così a un prepotente ritorno del corpo, segnato, alla fine del primo capitolo, dall’insulto che un guardiano rivolge a Smile: «Tu non mi piaci… Puzzi di sud». Cento pagine dopo, il riferimento tornerà quando le guardie del regime, i terribili Seleni, si scopriranno vulnerabili proprio alla natura del sud: «Se le intingete nella linfa di quelle radici, le vostre frecce attraverseranno i loro scudi»…

Tuttavia, la trasformazione del personaggio principale da star a sovversivo nasconde un’ulteriore verità. Mi riferisco al passo in cui Smile allude alla schiena dell’amata Barbie, oggetto di sadismo e segnata da cicatrici, per poi accennare ai solchi che bloccano le proprie labbra. Ecco il segreto di questo libro inquietante e inatteso: dietro la faccina gialla e gioiosa che invade i nostri display, l’autore ci invita a riconoscere L’uomo che ride di Victor Hugo, il celebre romanzo sul bambino rapito e sfigurato dai banditi in modo da apparire sempre ridente. Altro che emoji! Dietro le proprie ilari icone, la società dello spettacolo nasconde lo sfregio della stessa umanità.