Sulle orme di John Belushi e Johnny Cash, lunedì sera si è esibito al carcere La Dogaia di Prato. «C’era molto calore – racconta Peppe Voltarelli, attore e cantautore plurivincitore della Targa Tenco, un passato da rocker con Il Parto delle Nuvole Pesanti, attualmente globetrotter sonoro – avevo davanti un centinaio di detenuti, solo cinque erano italiani. Tunisini, albanesi, rumeni, cinesi. Dopo una mezzora di musica, proprio un maghrebino mi ha chiesto di intonare Bella Ciao, la conoscevano tutti e facevano il coro. Specialmente all’estero viene riconosciuta come un inno del nostro paese. Un altro mi ha chiesto un pezzo di Celentano. Poi un detenuto ha recitato una poesia in russo e io ho fatto Cavalli Bradi, un brano di Vladimir Vysotskij, il poeta popolare negli anni 60 ma ignorato dal regime, eppure qualcuno seguiva il ritornello. C’era grande umanità e grande energia, alla fine queste persone disagiate, abbandonate, cantavano sulle sedie». Cavalli Bradi è uno dei pezzi del suo ultimo disco Planetario, presentazione più volte rimandata l’anno scorso, finalmente arriva stasera all’Auditorium di Roma, nella rassegna Di Canti e Di Storie, dove lo chansonnier calabrese sarà accompagnato da Massimo Garritano (chitarra elettrica), Pasquale Rimolo (fisarmonica) e Gigi Cioffi (pianoforte) con le videoscenografie create con i dipinti di Anna Corcione, appositamente realizzati per il disco.
Una mappa emotiva, Planetario, miglior album d’interprete per il Tenco 2021, delineata con l’aiuto di Sergio Secondiano Sacchi, gran conoscitore di canzoni e ideatore del progetto. Sedici melodie della grande canzone d’autore, da Jacques Brel a Leo Ferré, da Bob Dylan a Joan Manuel Serrat, tutti tradotti e adattati in italiano, nell’elegante libretto-cd di 48 pagine, edito da Squilibri. Un atlante sentimentale della canzone perché per ogni brano c’è un incontro, un amico, una storia da raccontare. Un gesto appassionato di libertà espressiva, che va oltre i confini e le frontiere, in tempi di risorgenti nazionalismi e miopi sovranismi. «Un itinerario costruito anche sulle mie peregrinazioni di questi ultimi venti anni – continua Voltarelli – io ho voluto fortemente alcune canzoni come Garganta con arena e A la Manic, per riproporre quell’emozioni provate all’estero ascoltando queste pietre miliari. I brividi che ho sentito ascoltando Adriana Varela che fa Garganta con arena (diventata Voce d’Asfalto), dedicata a uno dei massimi del tango, Goyeneche, mi hanno convinto della necessità di riportare quella canzone in italiano. E di farla conoscere. Come A la Manic, una lettera d’amore stupenda, scritta da Georges desideri dei Dor, in Quebec, negli anni ’60, una canzone che è patrimonio di tutti, sui desideri lavoratori del complesso di centrali elettriche canadesi. Per tutto il disco scorre questa voglia di restituire le conoscenze, le esperienze provate in giro, i ricordi belli». E i superclassici si susseguono, da Margalida di Joan Isaac sulla sfortunata sorte dell’anarchico Puig Antich a Per un sentiero di un poeta morto giovane, Miguel Hernandez, musicato da Amancio Prada e poi la preghiera andalusa dei gitani, La saeta e Millenovecentoquarantasette, (in originale De purisima y oro) di Joaquin Sabina, con una trasposizione dell’originale da Madrid a Napoli. Un canzoniere d’oggi, appuntito e schierato.

Uno dei fili ispiratori di Planetario è mettere insieme artisti di nazionalità diverse, in duetti o collaborazioni, in una sorta d’internazionalismo canoro…ù

Una delle grandi ambizioni di questo affresco di viaggio è stata sempre quella di riunire pubblici diversi. Quello locale, la gente del posto, così la mia canzone ‘Sta Città in ceco si chiama Matka Mest ed è andata prima in classifica nella versione di Frantisek Segrado. L’altro, quello emigrato, raccontato attraverso l’italianità, scherzandoci su, dipingendola liberamente. La distanza ti permette di fare una critica condivisa con gli italiani che incontri all’estero, che sono emigrati per studio, per lavoro o per famiglia così i dottori e gli operai, i ricercatori universitari e i camerieri, una comunità di espatriati in rapida trasformazione. Il colmo è stato il Joe’s Pub col New York Times che presentava questo calabrese, un cantautore che si esibiva da solo con la chitarra, cercava di evocare Sibari, le vestigia greche con una tarantella e l’attaccamento alla terra delle vecchie generazioni. Adesso, negli ultimi anni, mi sono accorto che andavo fuori e quest’attenzione che ricordavo verso la canzone politica si è un po’ sfaldata, diluita in questa società liquida. La canzone funziona come molla di sensibilizzazione sociale, messaggio condiviso. In fondo scrivere canzoni è palesare i propri sentimenti, esternare le proprie emozioni, urlare un qualcosa, un piccolo palcoscenico che ti dà il lasciapassare per essere te stesso, per dire quello che vuoi.

Domenica 19 sarai a Firenze, in una manifestazione di solidarietà della Cgil con Mimmo Lucano al Teatro dell’Affratellamento, con la proiezione anche del film di Wim Wenders, «Il volo»….

Riace era un modello d’integrazione che la Calabria voleva esportare nel mondo. Mimmo Lucano è una persona che ha doti importanti: capacità organizzativa e fantasia. Si è inventato una cosa che, a un certo punto, non si capiva come faceva ad andare avanti, qualcosa di utopistico e solidale, una speranza per tanti immigrati in un piccolo borgo dimenticato. La cooperazione, l’umanità, l’accoglienza da un lato, dall’altro fare i conti in tasca, attenersi strettamente alle regole burocratiche, ai permessi necessari. E in troppi hanno messo i bastoni fra le ruote. C’è tanta gente che ci crede e lo sostiene però quando abbiamo fatto il concerto per Mimmo Lucano a Riace eravamo pochi, soprattutto poca gente locale, quelle persone che hanno votato Lega e Forza Italia, come sempre. La canzone può fare poco di fronte a questo atteggiamento atavico, retrogrado e conservatore. Può dire no, in realtà è difficile muoversi comunque. Quel modello ha più riscontri all’estero, ad Amburgo o a Parigi rispetto a Riace dove ha vinto le elezioni un vigile urbano candidato della Lega. Noi possiamo solo continuare a mantenere la nostra integrità, la nostra dignità, a ad andare avanti sulla nostra strada.