Il rebus delle pensioni non è stato ancora risolto: non sono chiari non solo i tempi, ma anche i modi della restituzione del piccolo bottino perso a partire dal 2012, resa obbligatoria dalla sentenza della Consulta. Sindacati e associazioni continuano a emettere studi e conteggi – ieri la Uil parlava di singoli rimborsi pari a 2.540 euro, la Cgia quantificava un esborso di 16,6 miliardi totali – ma soprattutto aumenta il pressing nel governo per «non restituire tutto a tutti». Ovvero, cercare di escludere i più “ricchi”.

La palla l’ha lanciata un sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti (Sc), che ha detto chiaro e tondo che a suo parere si dovrebbe lavorare per «non restituire tutto a tutti»: «Escludo che sia possibile restituire a tutti l’indicizzazione delle pensioni, per quelle più alte sarebbe immorale e il governo deve dirlo forte. Occorre farlo per le fasce più basse».

Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, tecnicamente non lo ha ancora smentito, e anzi nel corso della giornata e fino a sera la posizione è rimasta in campo ed è apparsa sempre più (seppure mai ufficialmente) rafforzata.

Padoan dopo diverse ore in cui le parole di Zanetti erano rimbalzate tra agenzie, siti e social, si è espresso in modo piuttosto criptico, ma comunque su una linea che non esclude un restringimento della platea. E anzi, proprio a una domanda di alcuni giornalisti sul nodo della possibile esclusione di alcuni pensionati (evidentemente quelli con assegni più sostanziosi), ha risposto: «Pensiamo intensamente agli aspetti istituzionali e quelli di finanza pubblica. Stiamo pensando a misure che minimizzino l’impatto sulle finanze pubbliche nel rispetto della sentenza della Consulta».

Subito dopo sulle agenzie di stampa sono state diffuse anche le opinioni di una “fonte governativa”: «Non rimborsare» tutte le pensioni toccate dalla recente sentenza della Consulta è una soluzione «compatibile con la sentenza della Corte», hanno spiegato, a conferma del pressing.

E infine Zanetti ha chiuso la giornata affermando: «La mia posizione non è in antitesi con quanto detto da Padoan. Il ministro dice che rispetteremo la sentenza, io non dico nulla di diverso. Il tema di incostituzionalità si pone perché il blocco ha riguardato anche pensioni di importo relativamente basso, il che vuol dire che il rispetto della sentenza può avvenire anche andando a sbloccare quelle pensioni subito sopra tre volte la minima, la soglia individuata, ma anche non andando a toccare pensioni di molto superiori. La rivalutazione andrà a scalare con l’aumentare dell’assegno».

Ovviamente potrebbero essere tutte posizioni estemporanee, superate dagli eventi dei prossimi giorni, ma si vedrà: dipenderà anche dall’incontro annunciato dal ministro del Welfare Giuliano Poletti con i sindacati, e ieri a proposito il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), ha invitato l’esecutivo a tenere conto della loro opinione, in quanto rappresentanti di molti dei pensionati interessati ai rimborsi.

«Il governo – ha detto Damiano – deve esprimere un’opinione unitaria e non possiamo accettare, su un argomento così delicato, pareri discordanti tra il ministro Padoan e il sottosegretario Zanetti: noi chiediamo di convocare un tavolo con i sindacati confederali e dei pensionati per affrontare complessivamente il problema».

Anche perché magari al tavolo si potrebbe parlare – perché no – di temi caldi che interessano da tempo ai sindacati pensionati, come una riforma più generale delle rivalutazioni (sempre troppo basse), e poi il nodo sempre più urgente (non solo per il rischio esodati ma anche per dare impulso all’occupazione) di individuare forme di uscita flessibile, superando la riforma Fornero: lo stesso Damiano da tempo propone i 62 anni, e ultimamente ha avuto un assist dalla Lega di Matteo Salvini, che si è dichiarato disponibile a votare la proposta del piddino.

Sull’entità dei risarcimenti, la Uil ipotizza il diritto, dopo la sentenza della Consulta, di ricevere «una rivalutazione di 85 euro al mese e un assegno rimborso di 2.540 euro», riferendosi nel suo studio a «una pensione che nel 2011 era di 1500 euro lordi, appena superiore a 3 volte il minimo».

La Cgia di Mestre, apparentandosi a uno studio del Nens, calcola un costo totale per lo Stato di 16,6 miliardi di euro: il blocco, secondo l’associazione di artigiani, ha interessato una platea di 5 milioni di pensionati con assegno superiore a 1.088 euro netti al mese.