Incontro interlocutorio ieri tra governo e sindacati sul nodo delle pensioni: i temi sul tavolo sono ancora tanti, e a dividere le due parti è soprattutto il problema delle risorse. Per un intervento dignitoso sui tanti capitoli aperti – usuranti, precoci, uscita anticipata, no tax area, tredicesime – sarebbero necessari almeno 2,5 miliardi di euro secondo Cgil, Cisl e Uil, ma l’esecutivo per il momento è ancora fermo a una cifra di massima intorno a 1,5 miliardi. Ovviamente restano tutte ipotesi aleatorie, perché in ultima analisi si dovrà vedere come sarà scritta in ottobre la legge di bilancio, e come sappiamo da diverse puntate precedenti (ad esempio il blitz notturno sugli appalti di qualche mese fa) il governo non è nuovo a sorprese, anche dopo aver concordato dei testi.

In ogni caso l’orientamento emerso – con l’impegno comunque di rivedersi a settembre, per parlare di previdenza ma anche di ammortizzatori sociali – sarebbe innanzitutto quello di venire incontro ai lavoratori precoci e usuranti cercando di avvicinare il traguardo della pensione. Possibile anche l’estensione della no tax area, attualmente ferma a 7500 euro di reddito annuo, mentre il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, ha più volte chiesto di includere tra gli interventi anche un alleggerimento dei costi per la ricongiunzione dei contributi e un rafforzamento delle quattordicesime. Non è ancora chiaro se, in caso di decisione su questo ultimo punto, si opterà per rimpinguare quelle esistenti o per allargare la platea dei beneficiari.

Il nodo più grosso, soprattutto perché riguarda un maggior numero di pensionandi, è però quello relativo all’Ape, l’uscita anticipata di massimo tre anni (rispetto agli attuali 66,7 necessari), ma a fronte dell’accensione di una sorta di mutuo presso le banche. I sindacati vorrebbero che alle fasce più deboli, e soprattutto a chi non sceglie di uscire ma è costretto da un licenziamento o dalla disoccupazione, fosse minimizzato il taglio sulla futura pensione. La sforbiciata attesa è data per ora in un range tra l’1% e il 5%, con punte dell’8%, ma non sono mancati calcoli più allarmistici che hanno spinto la decurtazione fino al 15%.

Resta infine aperto il nodo degli esodati: sono almeno 34 mila le persone che ancora attendono di poter andare in pensione, dopo che la riforma Fornero ha loro sottratto un diritto che avevano già acquisito. Sono stati esclusi da tutte le salvaguardie (finora sette) e finalmente alla Camera si è avviato l’iter del testo Damiano-Gnecchi per varare l’ottava. Ieri la Rete dei comitati esodati ha diffuso un appello: chiedono che si chiuda tutta la questione entro settembre.

I comitati esodati fanno notare un dato importante: le risorse per far rientrare tutti ci sono già, seppure siano state spogliate negli ultimi anni per andare a finanziare altre leggi. Quindi non serve calcolare maggiori costi rispetto alla riforma delle pensioni in discussione.

«Dall’ultimo Report sui sette provvedimenti di salvaguardia, diffuso dall’Inps il 15 giugno 2016 – scrive la Rete esodati – emerge esplicitamente che i posti ancora a disposizione per un nuovo provvedimento di salvaguardia sono almeno 34 mila. Infatti a fronte di una potenziale platea di 172.466 aventi diritto sono state accolte finora 127.632 domande, mentre 10.395 risultano ancora giacenti in attesa di istruttoria. Risulta pertanto in modo inconfutabile che i posti minimi disponibili già consolidati (coperti da regolare finanziamento rimodulato con la Legge di Stabilità 2016) sono ben 34.439, ai quali si devono sommare quelli derivanti dalle istanze che avranno esito negativo nelle 10.395 in istruttoria».

«È innegabile dunque – concludono – che le risorse stanziate sono sufficienti anche per l’ottava salvaguardia per tutti i 34 mila esclusi. Chiediamo inoltre l’immediata chiusura delle istruttorie della settima salvaguardia. E il pieno reintegro delle somme prelevate dal “Fondo esodati” istituito con la legge 228/2012 e utilizzate per svariati capitoli di spesa incoerenti rispetto al dettato legislativo che regolamenta il fondo stesso».