«Spero che la flessibilità in uscita per i pensionati sia realizzata già con questa legge di stabilità», confida al mattino Matteo Renzi nella posta settimanale con i lettori dell’Unità. «L’idea che la flessibilità sia a costo zero è semplicemente inesatta», scandisce Pier Carlo Padoan a metà giornata. E per i lavoratori che aspettano di andare in pensione la giornata si chiude con la solita incertezza, tra un capo del governo che spera e un ministro dell’economia che manda avvertimenti. Assai incerti anche questi, dal momento che quando gli si chiede di spiegare cosa conterrà la legge di stabilità dei tanti annunci fatti da Renzi, sulle pensioni dice: «Si esploreranno eventuali misure che permettono di utilizzare uscite anticipate rispetto all’età predeterminata per la pensione».
Misure «eventuali» e «da sperimentare»: sono buone le probabilità che si tratti di un’altra delle iniziative una tantum del governo Renzi. Padoan fa il guardiano dei conti: «La flessibilità dev’essere compatibile con gli incentivi. E i principi fermi restano stabilità e sostenibilità». Perché dopo le riforme Amato-Dini-Fornero «il sistema pensionistico italiano – dice il ministro – viene giudicato uno dei più stabili e sostenibili d’Europa». Anche al costo di aver creato la categoria degli esodati, si potrebbe aggiungere, alla quale il governo continua a promettere attenzione, in maniera non troppo rassicurante: «Nella legge di stabilità si prenderà una decisione definitiva».

Se Renzi «spera» e gioca a fare il poliziotto buono con il ministro dell’economia, il presidente della Commissione lavoro della camera Cesare Damiano prova a dargli una mano spiegando che «la flessibilità nel sistema pensionistico fa risparmiare, il costo dei primi anni è largamente compensato dai risparmi che si accumulano negli anni successivi». Il problema è come dirlo all’Europa. «Bisogna spiegare che non vogliamo cancellare la riforma Fornero, ma correggerla e consolidarne gli effetti finanziari». E il presidente dell’Inps Tito Boeri che della flessibilità è stato il primo sponsor assicura che «oggi ci sono le condizioni per fare l’ultima riforma del sistema delle pensioni». Dopo di che, garantisce, «quando avremo fatto questi aggiustamenti per un patto generazionale più eco e sostenibile che regga la sfida economica e quella demografica, altri guarderanno con invidia al nostro sistema». Anzi, «in Cina già lo fanno».
Quanto al resto della manovra finanziaria che il governo dovrà presentare alle camere (cominciando dal senato) entro la metà di settembre, il ministro Padoan spiega che la spending review non servirà a trovare risorse da investire perché «i tagli di tasse per essere credibili devono essere percepiti come permanenti, quindi ai tagli di tasse deve corrispondere un taglio di spesa».

Ma quali tasse tagliare. Il titolare dell’economia, anche per non acuire le voci di un contrasto tra i tecnici del Tesoro e quelli di palazzo Chigi, si lancia in uan difesa della cancellazione della tassa sugli immobili. Riconosce: «La critica degli economisti è che abolire le tasse sulla casa sia meno efficiente che abbattere le tasse sul lavoro, e in generale è vero». Ma il caso italiano ha un suo specifico, legato alla grande presenza dei proprietari di casa: «Abbattere le tasse sulla casa è un modo, sia pure indiretto, di sostenere l’industria delle costruzioni, uno dei pezzi ancora in ritardo dell’economia italiana. L’abbattimento della Tasi sulla prima casa riguarda l’80% degli italiani». Ragione per cui il ministro Padoan si sente di spendersi per l’abbattimento della Tasi, «è relativamente più efficiente» della riduzione delle imposte sul reddito e delle tasse sul lavoro, «perché dà un sostegno alla fiducia che è un elemento fondamentale per la ripresa dei consumi».