Il governo vorrebbe andare all’attacco delle pensioni. Eppure il premier Renzi aveva escluso il «prelievo di solidarietà» su quelle sopra i 3-3500 mila euro lordi al mese dopo avere visto le carte della spending review presentate da Carlo Cottarelli a marzo. Tra l’altro in questo piano c’era anche l’aumento di anno dell’anzianità delle donne per la pensione anticipata e la revisione delle pensioni di reversibilità. Poi all’esigenza di evitare nuovi esodati e fare quadrare i conti della disastrata riforma Fornero, si è aggiunta la necessità di reperire 10 miliardi per finanziare il bonus Irpef da 80 euro e il promesso taglio dell’Irap.

Ma le casse sono vuote e il ministro del lavoro Poletti lo sa. Per questo ha rilanciato l’ipotesi Cottarelli che promette un «bottino» da 1,8 miliardi di euro nel 2014, 2,4 nel 2015, 3,4 nel 2016. Importi niente male in tempi di recessione, soprattutto se comprendessero agevolazioni fiscali per imprese e famiglie. Domenica in un’intervista al Corriere della Sera Poletti ha lanciato il sasso ma ha nascosto la mano. Si è limitato a dire: «Dipende da dove si fissa l’asticella». Se fosse fissata oltre i 90 mila euro, il bottino sarebbe magro. Se andasse sotto, i conti forse tornerebbero.

Questa prospettiva è stata illustrata, già nel luglio dell’anno scorso, dal neo-consulente agli affari economici di Renzi: il parlamentare Pd Yoran Gutgeld, già dipendente della multinazionale McKinsey, la stessa del maître à penser della «meritocrazia» Roger Abramavel. Essa prevede un contributo del 10% (Cottarelli arriva al 15%) e un blocco dell’indicizzazione biennale a chi percepisce una pensione fino ai 3500 euro lordi con il sistema retributivo. Per giustificare l’operazione si ritiene che queste persone percepiscano una pensione più alta rispetta a quelle di chi si è ritirato dal lavoro dopo la riforma Dini nel 1996.

Un provvedimento che ha eliminato questi trattamenti, ma non la disparità tra chi è andato in pensione con il retributivo e chi invece con il contributivo. Il «tesoretto» in questione è ingente. Per Fabrizio e Stefano Patriarca su lavoce.info è pari a 43 miliardi all’anno: al 5% dei pensionati più ricchi (800mila su un totale di 16 milioni) va più del 16 per cento del totale della spesa previdenziale.

La proposta non è piaciuta a nessuno. L’ex ministro del lavoro Enrico Giovannini ieri ha ricordato che un «prelievo di solidarietà» sulle «pensioni d’oro» è stato già previsto nella legge di stabilità 2014. Fino al 2016 si preleverà dalle pensioni oltre 90 mila euro, tenendo conto dei rilievi della Corte Costituzionale che aveva cancellato un prelievo precedente. C’è poi la progressività da calcolare: 6% i trattenuta sopra i 91 mila euro e poi 12 e 18% al crescere della pensione. «Se si vuole cambiare l’asticella è una decisione politica – ha precisato Giovannini – Tutte le voci su manovre e detrazioni fiscali deprimono le aspettative. E pone le famiglie e le imprese in posizione di maggiore incertezza». Questa manovra rischia di cristallizzare la recessione colpendo il ceto medio proprietario, quello che non ha ricevuto gli 80 euro, la cui rendita finanzia la disoccupazione o la precarietà dei figli e nipoti.

«Non è intervenire sui redditi delle persone normali che ci farà uscire dalla crisi, piuttosto potrebbe esserlo il contrasto all’evasione contributiva – sostiene il segretario confederale della Cgil, Vera Lamonica – C’è molta confusione su questo argomento, è una discussione vecchia. Aspettiamo di capire il governo cosa vuole».«Questo esecutivo – attacca Raffaele Bonanni della Cisl – invece di intervenire sui temi veri, quelli economici, scatena l’invidia sociale». Forza Italia è in subbuglio. Ieri il «Mattinale» di Brunetta era una dichiarazione di guerra: «Difenderemo fino alla morte il ceto medio».

Per il viceministro dell’economia Morando (Pd) le dichiarazioni di Poletti sono «un argomento di distrazione. Dobbiamo concentrarci sulle riforme strutturali. Escludo che in questo momento il Governo stia valutando un intervento sulle pensioni». Di diverso avviso il sottosegretario al Mef Enrico Zanetti (Scelta Civica): «Il contributo va chiesto sull’eventuale regalo del vecchio sistema contributivo». Molte idee, tutte contrastanti. È il governo Renzi.