Per i lavoratori del settore privato con un contratto a tempo indeterminato e orario pieno sarà possibile ottenere un part-time in vista della pensione. A condizione che abbiano il requisito minimo per la pensione di vecchiaia, cioè 20 anni di contributi, e il requisito anagrafico da maturare entro il 31 dicembre 2018. L’orario di lavoro sarà ridotto dal 40 al 60 per cento del tempo di lavoro complessivo e, contemporaneamente, la contribuzione mancante sarà accreditata in maniera figurativa. La cifra sarà accreditata nella busta paga, esentasse, e corrisponderà ai contributi previdenziali a carico del datore di lavoro sulla retribuzione per l’orario non lavorato. Il lavoratore in «part-time agevolato» riceverà l’intero importo della pensione una volta maturata l’età pensionabile. Questa condizione riguarda coloro a cui mancano 36 mesi al raggiungimento dell’ambito traguardo. Per questo il governo ha stanziato 60 milioni per il 2016, 120 per il 2017, 60 milioni di euro per il 2018. Una volta esaurite queste risorse non saranno accettate nuove istanze.

Sono queste le linee principali del decreto attuativo firmato ieri dal ministro del lavoro Giuliano Poletti. Ecco i dettagli, necessari per delimitare il perimetro di un nuovo intervento sulle pensioni, a correzione della riforma Fornero. Gli uomini potranno andare in pensione nel 2016 a condizione che siano nati prima del maggio 1952 e abbiano raggiunto almeno 63 anni e sette mesi. L’opzione adottata dal governo esclude invece le donne. In uno studio pubblicato dalla Uil, si legge che la possibilità di andare in pensione quest’anno con 65 anni e 7 mesi di età è sostanzialmente preclusa perché le nate fino al 1951 sono già uscite mentre quelle del 1952 (che compiono 64 anni quest’anno) usciranno nel 2016 sulla base di una deroga prevista alla legge Fornero. Le nate nel 1953 raggiungeranno il requisito per la vecchiaia nel 2019.

«È evidente come tale norma – commenta la Uil – sia utilizzabile solo da lavoratrici che entro 14 mesi potranno accedere alla pensione discriminando di fatto moltissime donne e limitando notevolmente i benefici dell’intervento». Dal provvedimento sono escluse anche tutte le categorie del pubblico impiego e il lavoro autonomo. Sarebbe allo studio una modifica di una misura, definita «sperimentale», definita «Opzione donna». Di recente è stata rilanciata per ovviare ai «buchi» della riforma Fornero: la sua estensione dovrebbe permettere alle lavoratrici dipendenti la pensione anticipata con 57 anni e 35 di contributi. A condizione di accettare un taglio alla pensione.

Alle critiche della Uil, si sono aggiunte anche quelle della Cisl: «per i lavoratori prossimi alla pensione. Il governo non può eludere con misure di questo tipo il problema fondamentale dei lavoratori più anziani e cioè la necessità di reintrodurre la flessibilità nell’accesso alla pensione». Lo afferma il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, commentando il decreto che dà il via libera al part-time agevolato. Questa possibilità «non è purtroppo concessa a tutti» visto che «il settore pubblico ne è stato escluso», oltre al fatto che le risorse previste sono «limitate».

Per la Cisl «si è persa l’occasione di accompagnare questa nuova normativa con l’introduzione della cosiddetta staffetta generazionale collegando il passaggio dal tempo pieno al tempo parziale con l’assunzione di un giovane». «Il decreto part-time è insufficiente – sostiene Maurizio Sacconi, presidente della Commissione lavoro del Senato- dovremmo finalmente individuare una possibilità di esodo anticipato per non più di 3-4 anni protetto da versamenti contributivi e da un sostegno al reddito distribuiti tra lo Stato e il datore di lavoro».

Confermato l’emendamento governativo al disegno di legge sulla povertà per rimediare al pasticcio dell’esclusione delle pensioni di reversibilità dal riordino delle prestazioni previdenziali. Inoltre, dal prossimo anno il fondo per la lotta alla povertà sarà finanziato con 1 miliardo.