Il primo pozzo petrolifero della storia fu scavato, nel 1859, in Pennsylvania. Nel sottosuolo di quello stato all’inizio del nuovo millennio venne individuato un immenso giacimento di gas naturale, il Marcellus: trentamila miliardi di metri cubi di gas intrappolato in uno strato di scisto – una risorsa energetica di valore inestimabile che si estende anche sotto l’Ohio, il West Virginia e lo stato di New York, fino a lambire il Maryland e il Kentucky.

Le estrazioni sono cominciate nel 2008 e le compagnie si sono date battaglia per accaparrarsi i contratti di sfruttamento dei terreni in anticipo sui potenziali concorrenti. Proprio sull’ambivalente rapporto che gli abitanti della fittizia cittadina di Bakerton, in Pennsylvania – luogo familiare ai lettori di Haigh perché già teatro di un romanzo (Torri di Bakerton, 2005) e di una raccolta di racconti inedita in Italia (News From Heaven, 2015) – intrattengono con le fonti di energia che hanno condizionato la loro esistenza è centrato il sesto romanzo della scrittrice americana Jennifer Haigh, L’America sottosopra (traduzione di Mariagiulia Castagnone Prati, Bollati Boringhieri, pp. 506, euro  18,50 euro). Il titolo originale del romanzo, Heat & Light (letteralmente «calore e luce») rende il tema principale se possibile ancora più esplicito.

L’estrazione di gas naturale è solo l’ultimo capitolo della travagliata storia delle fonti energetiche in Pennsylvania, una storia che è cominciata con i giacimenti di carbone e di petrolio e che prosegue con lo sfruttamento dell’energia nucleare.
In uno dei capitoli più drammatici del romanzo viene rievocato l’incidente avvenuto nel 1979 alla centrale di Three Mile Island – un parziale meltdown nucleare con rilascio di gas radioattivi che cambia radicalmente la vita di alcuni personaggi del libro.

La firma di una condanna
Negli anni Ottanta, scrive Haig, il fallimento delle miniere che offrivano lavoro all’intera comunità ha portato alla chiusura di molte attività commerciali, finché Bakerton è diventata una città morta. Alcuni hanno dovuto smettere di coltivare la terra ereditata dai padri per cercare nuove fonti di sostentamento: Rich Devlin ha trovato lavoro come guardia carceraria, mentre Rena e Mack hanno messo su un’azienda agricola di prodotti biologici. Ma la crisi economica non lascia scampo, e gli abitanti di Bakerton sopravvivono nell’attesa di un miracolo.
Come biasimarli se nel 2010, quando un simpatico ragazzone texano bussa alle loro porte, restano ad ascoltare affascinati e increduli la sua proposta d’affari? «Lì sotto è sepolto un tesoro», dice, «un’assicurazione sul futuro. E ora finalmente l’ingegnosità americana ha trovato la chiave per aprirla». Basta solo firmare i documenti per concedere l’usufrutto dei terreni e aspettare ogni mese che arrivi l’assegno. In molti aderiscono con entusiasmo, qualcuno rimane dubbioso, ma tutti ne pagheranno le conseguenze.

L’America sottosopra è un romanzo ambizioso, panoramico, di sapore ottocentesco per il modo in cui scava a fondo nelle vite e nelle motivazioni dei vari personaggi, tessendo una fitta rete di rapporti che abbraccia diverse generazioni e classi sociali. La trama si presenta come un palinsesto stratificato su molteplici piani temporali, organizzati secondo un ordine non strettamente cronologico. A un certo punto il narratore descrive un gioco da tavolo che consiste nel costruire una complicata trappola per topi usando elementi eterogenei; a un simile oggetto Haigh ha paragonato, in una intervista, la struttura del romanzo: un elaborato meccanismo a ingranaggi, frutto di accurate pianificazioni e continue revisioni mirate a far sì che il lettore debba solo «girare la chiave e la macchina si accende cominciando a muoversi da sola». Tuttavia, ha aggiunto l’autrice L’America sottosopra è soprattutto «un libro sull’anima di un luogo e su come l’anima di questo luogo viene condizionata dalle scelte che facciamo, le scelte economiche».

Cinque anni di gestazione
Quel che soprattutto interessa Jennifer Haigh è rappresentare come cambiano le dinamiche che regolano i rapporti personali quando «l’improvvisa prospettiva di ricchezza – almeno per un ristretto numero di persone – causa uno scisma nella comunità. Le famiglie si dividono. I matrimoni si sgretolano. Vicini che non si parlano da anni si ritrovano in guerra».
Nei cinque anni impiegati a scrivere il romanzo, Haigh ha seguito da vicino l’evoluzione delle tecniche estrattive e gli accesi dibattiti sulle regolamentazioni delle procedure, che variano da stato a stato. Per estrarre il gas naturale le aziende appaltatrici utilizzano il «fracking», un procedimento che – come ha denunciato nel 2010 il controverso documentario Gasland di Josh Fox – oltre ad aumentare il rischio sismico provoca l’immissione nel terreno di sostanze chimiche che contaminano le falde acquifere, causando danni cronici alla salute di persone e animali e inquinando irrimediabilmente le colture. Diversi scienziati si sono schierati con le associazioni ambientaliste, mentre gli esperti al servizio delle compagnie estrattive sostengono che nessuno studio scientifico ha mai dimostrato da dove derivi la contaminazione dell’acqua.

Il senso di un fallimento
La posizione dell’autrice su questo argomento controverso è, nel romanzo, tutt’altro che netta: «Ho capito – ha detto – che la situazione non era così semplice come sembrava e quindi mi sono trovata di continuo a inventare personaggi che occupavano posizioni diverse». Dopo aver esposto i vari punti di vista e le ragioni di entrambe le parti, Haigh lascia al lettore il compito di trarre eventuali conclusioni. Di certo alla fine del romanzo tutti escono in qualche modo sconfitti, tanto i proprietari terrieri quanto i dirigenti delle multinazionali e i grandi investitori, chi si è rifiutato di dare il proprio consenso e chi aveva sperato di arricchirsi o, perlomeno, di dare una svolta alla propria vita. D’altro canto, la ricerca di possibili responsabili per i propri fallimenti – affettivi, economici o esistenziali – non sembra condurre da nessuna parte; forse davvero, come afferma un personaggio nelle ultime pagine del libro, nella vita «l’unico modo per averla vinta è subire un grave torto».