I figli d’arte, notoriamente, ben di rado riescono ad attingere le stesse vette creative di padri e madri. Verità triste ma spietata, nella sua inesorabilità, in Italia, e nel mondo. Alle poche eccezioni del caso, una su tutte il talento di Jeff Buckley in tutto paragonabile a quello del padre Tim, corrispondono quasi sempre brutte copie conformi. Un altro raro figlio d’arte che più che figlio sembra una reincarnazione del padre, causa identico modo di concepire la musica e tutto il pensiero che attorno alla stessa deve esistere, perché esista la bellezza, è Arthur Jeffes. Nel ’76 suo padre fondò la Penguin Cafe Orchestra, in pratica un cameristico ensemble tra jazz, rock, musica classica, note folk,che si immaginava come bizzarra orchestra residente di un bar dove il personale tra i tavoli e i suonatori erano pinguini.

NE SCATURIRONO capolavori di musica intensa e svaporata al contempo, una specie di onirica oscillazione in un dormiveglia musicale dove tutte le musiche del mondo vengono a galla, si fondono, provano a sposarsi tra loro. Con esiti a volte clamorosi: come unire il clavicembalo di Bach e La Bamba. Arthur Jeffes dopo la tragica scomparsa del padre ha ripreso in mano le redini dei Pinguini, ha asciugato il nome in Penguin Cafe, e da allora ogni paio d’anni circa cava dal suo cilindro di idee dischi magnific. Adesso è la volta di questa Handful of Nights, colonna sonora (Erased Tapes Records) per un documentario di Greenpeace sui rischi di estinzione dei pinguini in Antartide che Arthur ha accettato di sonorizzare, forte anche del fatto che nel 2005 lui in Antartico c’è stato davvero, e con una spedizione azzardatissima di tre mesi che aveva in dotazione solo equipaggiamenti di epoca edoardiana, gli stessi che usò nella sua sfortunata avventura Ronald Falcon Scott nel 1911. C’è una ragione, romantica e lontana: Scott era stato il marito della sua bisnonna. Risultato: mille chilometri percorsi, prima con i cani da slitta, poi trainando a mano i propri carichi con le slitte, venticinque chili persi, un grande amore per quelle terre impossibili dove vivono i pinguini «reali», e la decisione di occuparsi seriamente di musica. Perché molte delle idee che qui suonano nacquero, embrionalmente, in quei silenzi. In Handfuls of Night tutto risuona con una dolcezza estenuata e raccolta, regalandoci ad ogni istante la sensazione di uno strano punto di calore nel gelo.