Quando c’è di mezzo un seggio cosa può mai contare la Costituzione, spesso citata ma solo se non costa niente, per l’M5S? E se quel seggio va a rafforzare la traballante maggioranza al senato, i soci in conflitto permanente mandano in soffitta le divisioni e votano come una falange macedone.

Così il seggio vacante al Senato sin dall’inizio della legislatura, siciliano, verrà occupato da una candidata… in Umbria, Emma Pavanelli. E se l’art. 57 della Carta afferma oltre ogni possibilità di equivoco che il Senato viene eletto su base regionale peggio per la Costituzione.

Il Pd ha fatto il possibile per impedire che passasse una delibera della Giunta per le elezioni che fa a pugni con la Costituzione. Ha occupato l’aula di palazzo Madama e bloccato per ore i lavori. L’ex presidente del Senato Pietro Grasso, oggi senatore LeU, ha tentato sino all’ultimo di far ragionare i senatori della maggioranza invitandoli a non stracciare la Costituzione in cambio di un seggio.

Niente da fare. La maggioranza da quell’orecchio è sorda. Inclusi i sedicenti difensori della Costituzione a Cinque stelle.

La sola mediazione, ottenuta dopo ore di trattative con la presidente del Senato Casellati, è che l’intero dossier verrà inviato alla Corte costituzionale, senza ricorso formale, per un parere. Decisione assunta dalla Casellati ma sottoscritta da tutti i capigruppo.

Il caso è noto.

In Sicilia, il 4 marzo 2018, i 5S hanno ottenuto tutti gli 8 seggi assegnati col proporzionale nei due collegi plurinominali. Una delle elette, la senatrice Catalfo, era però stata eletta anche nella lista uninominale. Impossibile far subentrare al suo posto un altro candidato a cinque stelle: erano già stati eletti tutti, sia nei collegi proporzionali che nell’uninominale.

I 5S avevano proposto di portare in Senato un loro esponente che non si fosse candidato ma la via d’uscita è sembrata un po’ troppo persino per una Giunta per le elezioni dominata dalla maggioranza gialloverde.

La stessa maggioranza non ha trovato invece nulla di irregolare nell’ideuzza di pescare un candidato non eletto in altra Regione: appunto in Umbria. Colpa nostra non è, ha sostenuto il capogruppo pentastellato Patuanelli, ma della legge elettorale voluta dal Pd.

I limiti della legge sono reali ma sia Perrini del Pd che lo stesso Grasso hanno segnalato che non era imposto dalla legge candidare la stessa persona nei collegi plurinominali e nell’uninominale. Niente da fare.

L’argomento forte messo in campo dalla maggioranza, certamente quello che ha fatto più presa sulla presidente del Senato, è che in materia vige l’autodichia: la Giunta per le elezioni è dunque a tutti gli effetti organismo giurisdizionale.

È certamente vero, ma ci vuole una certa faccia tosta per considerare le ragioni dell’autodichia delle Camere più rilevante del dettato costituzionale. Ma si sa che la faccia tosta ai soci della maggioranza decisamente non manca.

E quando si tratta di seggi anche i divisi su tutto il resto sanno riunificarsi.