Agli elettori che hanno votato Lega convinti dalle continuative promesse elettorali di «cancellare la riforma Fornero» andrebbero fatti leggere alcuni brevi passaggi delle 187 pagine della «Relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio 2024-2026» che il ministro leghista Giancarlo Giorgetti ha finalmente inviato al parlamento insieme al testo definitivo (e inemendabile) della manovra.

LA PROPAGANDA DI SALVINI e dei soci ne esce asfaltata, nonostante i tentativi di camuffare la realtà – il peggioramento delle condizioni rispetto alla riforma Fornero – con frasi ad effetto – «Entro la legislatura arriveremo a Quota 41, Quota 103 rimane e va nella giusta direzione» – degli stati maggiori del partito.

Se la riforma Fornero ha portato l’austerità previdenziale in Italia – 130 miliardi di risparmi usati dal 2011 al 2030 facendo cassa sulle pensioni per diminuire il debito pubblico – gli interventi di Giorgetti e Meloni restaurano la stessa austerità che era stata messa da parte durante gli anni del flop Quota 100 del governo Lega-M5s e negli anni del Covid.

I numeri contenuti nella «Relazione» lo dimostrano. Il governo infatti spaccia per grandi spese il ripristino di «Ape sociale, con incremento del requisito anagrafico da 63 anni a 63 anni e 5 mesi, e la misura “Opzione donna” con un aumento di un anno del requisito anagrafico» che costano «complessivamente circa 0,1 miliardi nel 2024; 0,2 miliardi annui nel 2025 e nel 2026». Non molto superiori i numeri che riguardano Quota 103: «per il solo anno 2024 è altresì consentito l’accesso anticipato alla pensione per i soggetti che presentino contemporaneamente almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi (circa 0,15 miliardi nel 2024, 0,84 miliardi nel 2025 e circa 0,35 miliardi nel 2026)». Il totale è presto fatto: 250 milioni per il 2024. Il governo ha investito la stessa cifra, giusto per fare un esempio, «per le modifiche della disciplina per la determinazione della base imponibile relativa alla cessione di metalli preziosi».

I COSTI COSÌ BASSI SONO FIGLI delle platee risicatissime: per Quota 103 si prevedono solo 17 mila uscite – per Quota 100 se ne prevedettero 1 milione ma alla fine furono solo un terzo – per l’Ape social 12.500 e appena 2.200 sono le donne che per il governo nel 2024 usciranno anticipatamente dal lavoro con Opzione Donna e un taglio del 30% dell’assegno. Totale 31.700 lavoratori.
Nel capitolo entrate invece vanno considerati anche i 77 milioni recuperati dal taglio dei 10 punti dal 32% al 22% della perequazione per gli assegni di pensione pari a 10 volte il minimo: 5.500 euro lordi, circa 3.800 netti.

Neanche Fornero aveva invece osato toccare i coefficenti di trasformazione come invece hanno fatto Giorgetti e Meloni con le pensioni di oltre 700 mila – avete letto bene: almeno venti volte la platea di Quota 103, Ape social e Opzione donna – dipendenti pubblici.

LA MODIFICA alla «applicazione dell’aliquota» del calcolo della parte di assegno con sistema retributivo per i lavoratori delle Casse per le pensioni dei dipendenti degli enti locali (Cpdel), dei sanitari (Cps) e gli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (Cpi) prevista dall’articolo 33 provoca – secondo gli autorevoli calcoli del Sole24Ore – tagli anche del 33% specie per chi ha pochi anni di sistema retributivo (un controsenso: i meno privilegiati mentre non sono toccati coloro, pochissimi ancora al lavoro, che hanno oltre 15 anni di retributivo). Facile la previsione: chi ha i requisiti per andare in pensione lo farà questo mese e questo produrrà «un’uscita di massa» nel settore pubblico.

La norma produce solo 11,5 milioni di risparmi nel 2024 ma le cifre diventano enormi sul lungo periodo: 758 milioni da qui al 2032 e ben 2,27 miliardi da qui al 2043. Numeri non lontani dagli effetti di parecchie norme della riforma Fornero.

Sempre che i più che fondati dubbi di «incostituzionalità» di un provvedimento che interviene sui diritti acquisiti in modo retroattivo e produce disparità di trattamento fra chi in pensione c’è già e chi ci andrà, sollevati dalla Cgil, non portino la Corte Costituzionale a bocciare Giorgetti.

RESTA POI UNA NORMA che non porterà risparmi nel 2024. Ma è la «porcata» più grande fatta dal governo Meloni: l’anticipo di due anni della reintroduzione degli adeguamenti alla speranza di vita (per ora) per la sola pensione anticipata. È piazzata all’articolo 88, lontanissima dagli altri sulla previdenza (articoli 29 e 30 e 33) e avrà conseguenze nefaste per giovani e precari che in pensione ci andranno a 70 anni o dopo 45 anni di anni di contribuzione proprio a causa dell’adeguamento all’aspettativa di vita che oggi è a 41 anni e 10 mesi per le donne e a 42 anni e 10 mesi per gli uomini.