Colpevole ma prescritto, grazie alle omissioni complici del proprio vescovo. Ma ora la diocesi di Savona rischia di dover pagare cinque milioni di euro a cinque vittime di don Nello Giraudo, prete pedofilo condannato dai tribunali italiani e protetto dall’istituzione ecclesiastica. A tanto ammonta infatti la richiesta che la Rete “L’abuso” (associazione di sopravvissuti agli abusi sessuali del clero) ha avanzato alla diocesi ligure.

«Chiediamo alla Curia di Savona di risarcire il danno che abbiamo subito e che ancora paghiamo nelle nostre vite perché a suo tempo, come acclarato dai giudici, il vescovo ha protetto e consentito che don Giraudo continuasse a compiere i suoi crimini», spiega al manifesto Francesco Zanardi, presidente dell’Abuso ed egli stesso vittima, ad undici anni, del prete ligure.

La vicenda comincia trenta anni fa quando don Giraudo, benché accusato di numerosi abusi sessuali sui minori a lui affidati, continua a esercitare il ministero. Anzi, per proteggerlo – una pratica diffusa, sia in Italia che all’estero – viene spostato di parrocchia in parrocchia dai suoi vescovi, in particolare da monsignor Dante Lafranconi, a Savona dal 1991 al 2001.

Nel 2003 il successore di Lafranconi, il cardinal Domenico Calcagno, collezionista di revolver e fucili e fino al giugno 2018 presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica (il ministero del tesoro vaticano), scrive una letterina all’allora papa Ratzinger per informarlo sulla condotta di don Giraudo, ma nulla accade.

Nel 2005 arriva la prima, ed unica, condanna penale per il prete, che patteggia un anno e mezzo di reclusione per aver abusato di un quindicenne durante un campeggio scout. Per le altre violenze, fra cui quella contro Zanardi, scatta la prescrizione: è passato troppo tempo.

Nel 2012 un’altra sentenza, sempre di prescrizione, per il vescovo Lafranconi, accusato di non essere intervenuto nei confronti di Giraudo, nonostante fosse a conoscenza della condotta criminale del prete. Ma il gip Fiorenza Giorgi precisava che l’archiviazione non cancella «l’estrema gravità delle condotte criminose del Giraudo» e che «dai documenti, perfettamente in linea con l’atteggiamento omissivo del Lafranconi, risulta come la sola preoccupazione dei vertici della Curia fosse quella di salvaguardare l’immagine della diocesi piuttosto che la salute fisica e psichica dei minori».

È sulla base di queste parole che oggi Zanardi e altre quattro vittime di Giraudo (due esposti sono già stati presentati, altri tre arriveranno la prossima settimana), fallito un tentativo di mediazione con la diocesi dal 2016 affidata al vescovo Calogero Marino, hanno deciso di avviare la causa civile contro la Curia – caso rarissimo in Italia – e la richiesta di risarcimento, la cui entità, dopo l’accertamento del danno biologico, è stata stabilita sulla base delle tabelle dell’Ordine dei medici.

Emergono forti dubbi sull’«obbligo morale» di denuncia alle autorità civili che la Cei ha appena inserito nelle linee guida antipedofilia. «È uno specchietto per le allodole – denuncia Zanardi -, l’unica cosa che papa Francesco avrebbe dovuto fare, ma che non ha fatto, doveva essere quella di ordinare ai vescovi di denunciare i preti pedofili alla magistratura».

La Curia di Savona, che sulla vicenda non parla, ha tempo fino al 15 novembre per proporre una soluzione extragiudiziale. Altrimenti si andrà a processo.