Tempi duri per l’economia venezuelana. La drastica diminuzione del prezzo del petrolio ha costretto il presidente Nicolas Maduro a un giro d’emergenza in cerca di salvagenti che non si trasformino in cappio, vincolando la sovranità del paese duramente conquistata. In Cina si è appena concluso il vertice di Pechino con i paesi Latinoamericani e caraibici (Celac) che ha prodotto la dichiarazione di Bejing: aumento dei progetti comuni tra Cina e Celac «su una base di uguaglianza, rispetto e beneficio reciproco». Tra il 2015 e il 2019, Pechino aumenterà la sua presenza in America latina, già considerevole: sul piano politico, della sicurezza, del commercio, degli investimenti, della finanza e delle infrastrutture. E il prossimo bilancio verrà fatto il Cile nel 2018. Oltre ad aver firmato un altro pacchetto di accordi bilaterali con la Cina, Maduro ha anche chiesto un ulteriore prestito.

Sia Pechino che Caracas hanno diffuso dichiarazioni entusiastiche. Ma la Cina non ha parlato di cifre. Secondo i canali dell’opposizione venezuelana, per concedere un prestito di 16 miliardi di dollari, il governo cinese ha chiesto in cambio il controllo diretto delle imprese della Corporacion Venezolana de Guayana (Cvg), che produce alluminio ferro e oro. Maduro, però, avrebbe risposto picche, per evitare al socialismo bolivariano un pericoloso ritorno indietro: la perdita di controllo sulle proprie risorse. La ex deputata di opposizione, Maria Corina Machado, che bussa a tutte le porte pur di contrastare le politiche sociali di Maduro, ha consegnato una lettera anche all’ambasciata cinese in Venezuela per chiedere al presidente Xi Jinping di rifiutare le richieste del governo venezuelano, «perché indebiterebbero il paese in modo irreversibile». Meglio sarebbe, per Machado e soci, ricorrere alle ricette dell’Fmi, come negli anni della IV repubblica e del consociativismo, che hanno portato alle furibonde rivolte sociali come il Caracazo e ai 2.000 morti provocati dalle pallottole dei militari.

Nonostante la caduta del prezzo del barile, il sabotaggio economico dei poteri forti e i tentativi destabilizzanti (le destre hanno nuovamente chiamato le piazze alla rivolta violenta per lunedì), il Venezuela ha concluso il 2014 con il più basso livello di disoccupazione registrato dal 1999, inizio del governo di Hugo Chavez: 5,9%. E da allora il lavoro fisso è aumentato del 10,2% mentre quello informale è sceso dal 51,7% al 41,5%. A differenza di Correa in Ecuador, Maduro non ha decurtato il bilancio per le misure sociali. Da ieri, è in visita in Iran per discutere di Opec e greggio.