Il giorno dopo il frastuono del crollo della borsa di Shanghai, secondo le agenzie di stampa di mezzo mondo, «le borse cinesi tornano a volare». L’effetto rimbalzo infatti, avrebbe portato Shanghai allo 6,8% e Hong Kong al 4,9% con risultati positivi anche a Tokyo (+0,60%). Oltre alla giornata positiva, gli analisti di settore sembrerebbero anche convinti che il «contagio» del crollo dovrebbe essere circoscritto. In questo modo viene meno il timore di una crisi economica mondiale, capace di frantumare i già pericolanti equilibri economici in gioco.

La causa della giornata positiva di ieri sarebbe da attribuire alle misure «della disperazione» applicate da Pechino, tra le quali il divieto per i soci con quote superiori al 5% e ai manager delle società di vendere le azioni per sei mesi, definito un tentativo «estremo» dai principali grandi fondi internazionali.

Ma per ora funzionano, insieme ad altri importanti dettami. Hanno provato a metterli in fila gli analisti di Union Bancaire Privée: la costituzione, da parte dei 21 broker principali del paese, di un fondo da 120 miliardi di yuan per stabilizzare il mercato, che si è impegnato a non vendere azioni fino a quando l’indice di Shanghai sarà inferiore a quota 4.500, l’impegno della China Mutual Fund Association e di circa 200 fondi ad acquistare azioni, l’annuncio da parte di Huijin (entità centrale del Governo che detiene quote nelle banche di grandi dimensioni) che ha acquistato e continuerà ad acquistare Etf (exchange traded fund), la sospensione volontaria da parte di 28 aziende dei progetti di quotazione in borsa e interruzione di tutte le Ipo delle azioni A-share, il nuovo incoraggiamento delle attività a margine con la China Securities Finance che aumenterà la sua base di capitale da 24 a 100 miliardi di yuan.

Naturalmente però Pechino vuole andare a fondo e ieri è giunta l’indiscrezione di un’indagine avviata a proposito del crollo dei giorni scorsi.

La Xinhua ier ha infatti riferito che la polizia sta indagando su «speculazioni sospette». «Il viceministro della pubblica sicurezza Meng Qingfeng ha guidato una squadra in una visita all’ufficio centrale della China Securities Regulatory Commission (Csrc), un segno che le autorità intendono punire severamente le operazioni che violano le leggi e i regolamenti» ha scritto l’agenzia. Meng è il massimo responsabile dell’ordine pubblico e riferisce direttamente al Comitato Permanente dell’Ufficio Politico (Cpup) del partito comunista, guidato dal presidente e segretario del Partito Xi Jinping.

La Csrc è l’organo addetto al controllo dei mercati finanziari. Il suo capo, Xiao Gang, è stato indicato da alcuni articoli di stampa come possibile responsabile degli «errori» che hanno portato al crollo delle Borse delle scorse tre settimane. Se fosse così, visto i «metodi» usati fino ad oggi da Xi Jinping, per Xiao Gang non saranno giornate felici, le prossime.

Ma la crisi che ha investito le borse cinese lascia anche alcuni strascichi politici più generali. In primo luogo – come quasi tutti gli osservatori hanno spiegato – il crollo di Shanghai è stato creato dal panico che avrebbe preso i tanti, 90 milioni, di piccoli azionisti, di fronte alle restrizioni da parte delle autorità dei prestiti.

Un panico che in qualche modo è seguito ai primi tentativi di «aggiustamento» del governo cinese, di cui dunque i «piccoli investitori» hanno dimostrato di fidarsi poco. Il secondo punto negativo è lo sgorgare di ormai talmente tante contraddizioni dello sviluppo cinese.

La bolla o pseudo tale speculativa delle Borse, infatti, è stato il brillante rimedio che i politici cinesi hanno visto alla potenziale bolla immobiliare, sempre in procinto di debordare. Perché, messo in soffitta il problema immobiliare, si è provvisto a lanciare i risparmiatori verso la borsa.