Pd, vigilia senza intesa sul congresso (per ora)
Democrack, l'incognita Renzi «Al momento un accordo non c’è. Aspettiamo la proposta di Martina sabato». I pontieri del Pd non si sbilanciano. Il segretario ha fatto un giro di incontri, altri seguiranno oggi. La posta in gioco è alta: se l’assemblea nazionale di domani all’Ergife diventasse il bis dell’ultima, fra fischi e dirigenti che lasciano la sala, per il partito sarebbe un vero disastro.Ma c’è chi giura che fra renziani e Franceschini l’accordo è già siglato: elezione del segretario, Martina, apertura di una fase costituente, «ascolto» del partito e modifiche statutarie in una nuova assemblea a novembre. Infine primarie nel 2019, prima o dopo le europee si vedrà. «Sabato apriamo la fase congressuale. Prima parliamo dei temi e poi delle persone. Martina sarà il primo garante di questo percorso che si prolungherà fino al congresso. Non c’è nessuno scontro», giura Graziano Delrio. Le cose però non sono così pacifiche. Il candidato in pectore Zingaretti ha incontrato il reggente. Come i leader di minoranza Orlando, Cuperlo e Emiliano,ha chiesto la convocazione delle primarie comunque prima delle europee. E con il partito intrappolato nelle sabbie mobili, questa non è più la posizione della ’sinistra’. Nella riunione di mercoledì scorso anche il grosso dei renziani (assenti o silenti quelli del ’giglio magico) hanno mostrato insofferenza all’ipotesi di rimandare la scelta di un segretario vero a dopo le europee: «Non si può lasciare a lungo il Pd in una situazione di incerta transizione. L’elezione di Martina come segretario di tregua, per preparare un congresso non affrettato, non può far differire quest’ultimo oltre le europee», ha spiegato Stefano Ceccanti. Come lui la pensano in parecchi, anche i toscani Dario Parrini e David Ermini. Su tutto aleggiano vari spettri. Il primo: il numero legale dell’assemblea. Il week end di luglio e soprattutto la sfiducia che si respira nei «territori» potrebbe spingere molti delegati a restare a casa. Il secondo: l’incognita Renzi. Parlerà in assembleae non si può escludere che rovini il faticoso lavoro dei dei pontieri. La palla comunque passa a Martina. «La questione è semplice. Se siamo tutti d’accordo con percorso lungo e elezione Martina, bene», è l’avviso che viene dal Nazareno. «Altrimenti si fa il congresso in autunno e non si elegge il segretario». In realtà i renziani non hanno un candidato. Ma il segretario dovrà decidere da quale maggioranza farsi eleggere. E la sinistra sulla carta – non ha i voti sufficienti.
Democrack, l'incognita Renzi «Al momento un accordo non c’è. Aspettiamo la proposta di Martina sabato». I pontieri del Pd non si sbilanciano. Il segretario ha fatto un giro di incontri, altri seguiranno oggi. La posta in gioco è alta: se l’assemblea nazionale di domani all’Ergife diventasse il bis dell’ultima, fra fischi e dirigenti che lasciano la sala, per il partito sarebbe un vero disastro.Ma c’è chi giura che fra renziani e Franceschini l’accordo è già siglato: elezione del segretario, Martina, apertura di una fase costituente, «ascolto» del partito e modifiche statutarie in una nuova assemblea a novembre. Infine primarie nel 2019, prima o dopo le europee si vedrà. «Sabato apriamo la fase congressuale. Prima parliamo dei temi e poi delle persone. Martina sarà il primo garante di questo percorso che si prolungherà fino al congresso. Non c’è nessuno scontro», giura Graziano Delrio. Le cose però non sono così pacifiche. Il candidato in pectore Zingaretti ha incontrato il reggente. Come i leader di minoranza Orlando, Cuperlo e Emiliano,ha chiesto la convocazione delle primarie comunque prima delle europee. E con il partito intrappolato nelle sabbie mobili, questa non è più la posizione della ’sinistra’. Nella riunione di mercoledì scorso anche il grosso dei renziani (assenti o silenti quelli del ’giglio magico) hanno mostrato insofferenza all’ipotesi di rimandare la scelta di un segretario vero a dopo le europee: «Non si può lasciare a lungo il Pd in una situazione di incerta transizione. L’elezione di Martina come segretario di tregua, per preparare un congresso non affrettato, non può far differire quest’ultimo oltre le europee», ha spiegato Stefano Ceccanti. Come lui la pensano in parecchi, anche i toscani Dario Parrini e David Ermini. Su tutto aleggiano vari spettri. Il primo: il numero legale dell’assemblea. Il week end di luglio e soprattutto la sfiducia che si respira nei «territori» potrebbe spingere molti delegati a restare a casa. Il secondo: l’incognita Renzi. Parlerà in assembleae non si può escludere che rovini il faticoso lavoro dei dei pontieri. La palla comunque passa a Martina. «La questione è semplice. Se siamo tutti d’accordo con percorso lungo e elezione Martina, bene», è l’avviso che viene dal Nazareno. «Altrimenti si fa il congresso in autunno e non si elegge il segretario». In realtà i renziani non hanno un candidato. Ma il segretario dovrà decidere da quale maggioranza farsi eleggere. E la sinistra sulla carta – non ha i voti sufficienti.
«Al momento un accordo non c’è. Aspettiamo la proposta di Martina sabato». I pontieri del Pd non si sbilanciano. Il segretario ha fatto un giro di incontri, altri seguiranno oggi. La posta in gioco è alta: se l’assemblea nazionale di domani all’Ergife diventasse il bis dell’ultima, fra fischi e dirigenti che lasciano la sala, per il partito sarebbe un vero disastro.
Ma c’è chi giura che fra renziani e Franceschini l’accordo è già siglato: elezione del segretario, Martina, apertura di una fase costituente, «ascolto» del partito e modifiche statutarie in una nuova assemblea a novembre. Infine primarie nel 2019, prima o dopo le europee si vedrà. «Sabato apriamo la fase congressuale. Prima parliamo dei temi e poi delle persone. Martina sarà il primo garante di questo percorso che si prolungherà fino al congresso. Non c’è nessuno scontro», giura Graziano Delrio.
Le cose però non sono così pacifiche. Il candidato in pectore Zingaretti ha incontrato il reggente. Come i leader di minoranza Orlando, Cuperlo e Emiliano,ha chiesto la convocazione delle primarie comunque prima delle europee. E con il partito intrappolato nelle sabbie mobili, questa non è più la posizione della ’sinistra’. Nella riunione di mercoledì scorso anche il grosso dei renziani (assenti o silenti quelli del ’giglio magico) hanno mostrato insofferenza all’ipotesi di rimandare la scelta di un segretario vero a dopo le europee: «Non si può lasciare a lungo il Pd in una situazione di incerta transizione. L’elezione di Martina come segretario di tregua, per preparare un congresso non affrettato, non può far differire quest’ultimo oltre le europee», ha spiegato Stefano Ceccanti. Come lui la pensano in parecchi, anche i toscani Dario Parrini e David Ermini.
Su tutto aleggiano vari spettri. Il primo: il numero legale dell’assemblea. Il week end di luglio e soprattutto la sfiducia che si respira nei «territori» potrebbe spingere molti delegati a restare a casa. Il secondo: l’incognita Renzi. Parlerà in assembleae non si può escludere che rovini il faticoso lavoro dei dei pontieri.
La palla comunque passa a Martina. «La questione è semplice. Se siamo tutti d’accordo con percorso lungo e elezione Martina, bene», è l’avviso che viene dal Nazareno. «Altrimenti si fa il congresso in autunno e non si elegge il segretario». In realtà i renziani non hanno un candidato. Ma il segretario dovrà decidere da quale maggioranza farsi eleggere. E la sinistra sulla carta – non ha i voti sufficienti.
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