Marzo porta evidentemente fortuna a Debora Serracchiani, classe 1970, romana di nascita ma friulana d’adozione, eletta ieri capogruppo del Pd alla Camera con 66 voti contro i 24 della rivale Marianna Madia. Era il 21 marzo del 2009 quando, da giovane e sconosciuta segretaria del partito a Udine, prese la parola all’assemblea dei circoli Pd-tramortito dopo le improvvise dimissioni di Veltroni- e riscosse applausi da standing ovation.

IL SUCCESSO DI QUEL DISCORSO, in cui invitava i dirigenti a mettere da parte le precedenti appartenenze, a parlare «con una voce sola» e a dare un’identità più netta al neonato Pd, e persino ad avere il coraggio di tassare i più ricchi, fu tale che pochi mesi dopo fu votata a furor di popolo come europarlamentare.

Da lì è iniziata una carriera politica che l’ha portata nel 2013 alla guida del Friuli Venezia Giulia, e poi dal 2014 al 2018 nel ruolo di vice di Renzi al partito insieme a Lorenzo Guerini (Stefano Bonaccini li ribattezzò sarcasticamente «Albano e Romina»). Nel 2018 decide di non ricandidarsi dopo il primo mandato in regione e sceglie la più facile strada del parlamento, ma viene bocciata nel collegio uninominale e ripescata nel proporzionale.

Alla Camera arriva alla guida della commissione Lavoro, dal 2019 è anche vicepresidente del Pd. Una carriera che, dopo un inizio fulminante, sembrava essersi acquietata in un cursus honorum da notabile di media fascia, ora vive un nuovo improvviso scatto in avanti.

DOPO IL VOTO, LEI RINGRAZIA tutti, a partire da Delrio e Letta che «ha dato la scossa permettendo a due donne di arrivare alla guida dei gruppi di Camera e Senato: un grande passo avanti, non solo per le donne ma per il Pd. Una leadership che le donne si prenderanno non perché le ha indicate qualcuno, ma perché hanno capacità di fare politica». Con Madia, dice, «è stata una competizione vera. Eravamo vicine prima e lo siamo adesso, e lavoreremo insieme per rendere ognuno in questo gruppo protagonista».

LA SFIDANTE MADIA AUGURA «buon lavoro» ma resta della sua idea, quella scritta sabato scorso in una lettera ai deputati: e cioè che su Serracchiani ci sia stato un accordo tra correnti benedetto dall’uscente Delrio. «Hanno vinto le correnti? «Non so, le correnti non si superano da un giorno all’altro o se un segretario dice “adesso non ci sono più”», commenta in serata.

Lei avrebbe voluto un confronto aperto tra le due sfidanti davanti ai deputati. Ma il regolamento glielo ha impedito, così ieri ha scritto una nuova lettera in cui ribadisce la sue critiche alla scelta di «rinchiuderci nella confortevole intesa tra gruppi invece che aprirci a un confronto senza rete». «Con le sue dimissioni Zingaretti denunciava i nostri limiti collettivi. Rimuovere ciò che è accaduto, tornare ai soliti modi solo cambiando segretario è un inaccettabile errore. La leadership femminile deve essere un’occasione per cambiare le logiche che tengono il Pd intrappolato, altrimenti è un’occasione persa».

E GIÙ BORDATE SULLE CORRENTI come «strumenti di spartizione di posti», con chiaro riferimento all’accordo che prevede -in cambio dell’appoggio degli ex renziani a Serracchiani- la nomina di Piero De Luca (figlio del governatore campano) come vicecapogruppo. E in effetti i numeri per la vincitrice fotografano esattamente le previsioni: per lei i voti delle aree di Franceschini e Delrio e dei 30 ex renziani.

La nomina dei vice ora spetta alla nuova presidente. Che in quel famoso discorso del 2009 si scagliava tra gli applausi contro i giovani «nominati dirigenti perché “figli di”». Cosa farà ora con De Luca jr?

LETTA È COMUNQUE soddisfatto per aver centrato l’elezione di due donne ai vertici dei gruppi. «Serracchiani e Simona Malpezzi sono due donne determinate e competenti. Saremo un’ottima squadra», scrive su twitter. «Sembrava impossibile dieci giorni fa, ora ci siamo». Il leader Pd prova a schivare l’ombra del correntismo: «Debora e Marianna sono due persone molto libere, non ascrivibili a correnti. Sono due donne e si tende a raccontarla più violenta, verbalmente, di quello che è. Non volano gli stracci: discutono come avrebbero fatto due uomini».