Botti di fine anno per fare sempre più rumore (Grillo insegna). Con una metafora involontaria, parlando di petardi e festeggiamenti fiorentini, il nuovo aspirante uomo solo al comando del Pd rivela qual è la sua unica strategia per non finire inghiottito nella palude del governo Letta & Alfano – due quasi amici diversamente quarantenni: “Non firmo ordinanze contro i botti, perché sono le più inutili dell’umanità”. E allora, giù botte.

Qualche ragione il sindaco di Firenze ce l’ha, però alla lunga i botti stufano e minano alle fondamenta un partito, il suo, che in questa fase di incertezza non sa da che parte voltarsi per ricevere la botta più pesante. Così che Matteo Renzi, mentre accende una miccia dietro l’altra contro “il governo delle marchette”, deve poi guardarsi anche dal fuoco amico di quelli che ogni giorno fanno a gara per essere più “renziani” di lui, come la Repubblica o il Corriere della Sera, che ieri ha aperto sparando a zero sulla presunta opacità dei conti del partito.

Un’insinuazione che, come sempre, ha dato il là al tutti contro tutti, con la vecchia guardia impegnata ad affermare la limpidezza dei conti ed i renziani che invece chiedono una svolta all’insegna della trasparenza (e molto probabilmente anche più posti che contano nel capitolo “assunzioni” in ruoli chiave del partito). Nico Stumpo, responsabile dell’organizzazione ai tempi di Bersani, non ha dubbi: “Sono convinto della limpidezza dei conti, i nostri bilanci sono certificati da società esterne e pubblicati online”. Ma Pippo Civati, che renziano non è, chiede chiarezza e anche la riduzione delle spese: “Sono temi delicati e per questo mi piacerebbe che ci fosse una direzione nazionale per parlarne senza drammi”. Altri, invece, dietro al presunto scandalo dei conti in rosso e delle casse vuote, intravedono solo l’ennesimo tentativo di far saltare il Pd.

Il fatto è che nemmeno il sindaco di Firenze oggi è in grado di sapere se il 2014 gli riserverà in dote un partito rinnovato con la forza di far cadere questo governo; e, comunque sia, alle eventuali elezioni Renzi dovrà cercare di arrivarci con un Pd non a pezzi e con la freschezza necessaria per non farsi travolgere dal crollo di fiducia nei partiti che sta raggiungendo proporzioni da emergenza democratica (secondo la XVI indagine di Demos , il 48,5% degli italiani ormai sostiene che la democrazia può funzionare senza i partiti politici). Ecco perché Renzi non perde occasione per sottolineare che lui con la vecchia politica non c’entra nulla, anche con toni sgradevoli come ha fatto l’altro giorno rilasciando un’intervista a La Stampa a dir poco ostile con il suo principale competitor, Enrico Letta: “Con Letta e Alfano io non ho niente in comune”. Uno scossone al governo? Non sembra proprio, non ancora almeno. Il presidente del Consiglio, infatti, ha preferito glissare senza prendere di petto la ruvidezza del “suo” segretario, ben sapendo che, come diceva quel tale, il potere logora chi non ce l’ha: “L’ultima cosa che voglio è essere trascinato in dispute tra prime donne”. Per poi tirar dritto con due righe su twitter: “Le tasse sulle famiglie nel 2013 sono scese e la tendenza continuerà anche nel 2014. Notizia di oggi importante perché si consolidi il trend fiducia”. Sarà soddisfatto anche Renzi… Pure l’altro quarantenne, Angelino Alfano, non se l’è presa più di tanto. I due temporeggiano, tirano a campare, ed è proprio questa strategia di logoramento che il segretario del Pd non può permettersi di sopportare, nemmeno facendosi ingolosire da qualche promessa di un “rimpastino” di governo vecchia maniera.

Solo i primi mesi dell’anno diranno se i “ renziani” avranno la forza di imporre al governo un “cambio di marcia” sulle riforme istituzionali e sulla legge elettorale, oppure, in caso contrario, se davvero avranno il coraggio di far saltare il banco precipitandosi in una campagna elettorale che per il Pd assomiglia ad un salto nel vuoto. Tifano per questa soluzione Silvio Berlusconi e Beppe Grillo, due “compagni” di strategia tutt’altro che incoraggianti per il giovane leader che vuole cambiare “verso all’Italia” con mezzo Pd e tutto il governo che gli rema contro.