«Proporrò il nome di Renzi sul simbolo del Pd per le europee. Sarebbe un valore aggiunto. Sono contro il partito personale, ma non vorrei che dopo aver investito tanto sul presidente del consiglio, che oggi costituisce un traino formidabile, il Pd dovesse essere l’unico partito a non approfittarne». Il razzo lo lancia il vicepresidente del Pd Matteo Ricci, di buon mattino alla trasmissione Agorà (Raitre). La proposta è circolata nel Pd, che si gioca la partita della vita alle prossime europee e sta componendo liste pesando i nomi sulla bilancia dei voti sicuri.
In rete scoppia il caos (per lo più contro), nel Pd il panico. Il portavoce della segreteria Lorenzo Guerini specifica che si tratta di una «proposta» personale. Ricci, ex bersaniano ora renziano di ferro, sarà il candidato sindaco di Pesaro. E non nasconde che una scelta del genere favorirebbe «le amministrative contemporanee alle europee». Ma per il Pd il nome del segretario nel simbolo sarebbe una novità assoluta, alle europee. Ed anche un pasticcio: stavolta il 25 maggio si vota anche per il presidente della commissione Ue, per il Pd è il tedesco Schulz. Alle politiche 2008 Veltroni lo fece, ricalcando un’«innovazione» berlusconiana – quella che illude l’elettore di votare per un presidente del consiglio, eletto invece poi dalle camere . Nel 2013 fu Bersani a scegliere invece di non farlo in base all’idea di un Pd «collettivo» e non «personale». All’una la polemica lievita fino a Bruxelles. Renzi la stronca: «Non è intenzione del Pd inserire il nome del segretario nel simbolo del partito, ma è fondamentale che il Pd e tutti i partiti che competeranno abbiano la forza, l’intelligenza e la capacità di discutere veramente di Europa».