Decreto Poletti sempre più «hot»: ieri il contestatissimo testo che spalanca le porte alla precarietà ha iniziato il suo iter in Commissione Lavoro della Camera, e nel Pd si sono acuite le divisioni. Il capofila dei «turchi» Matteo Orfini ha sferrato l’attacco: «Non c’è niente di nuovo nel precarizzare la vita di milioni di persone – spiega su Left Wing – Il decreto è un controsenso, soprattutto per chi come Renzi ha costruito parte del suo successo sulla promessa di restituire diritti a quei milioni di precari che le politiche di questi venti anni hanno lasciato nel limbo (per non dire di peggio)».

Orfini lancia una «sfida riformista» (parole sue) al premier: «All’Italia serve un Job Pact – dice – Per farlo occorre allargare il campo di azione del decreto, aggiungendo il contratto d’inserimento a tutele progressive e correggendo il testo del governo in alcuni punti decisivi, come l’eccessiva reiterabilità dei contratti senza causale e la curiosa pretesa di un apprendistato senza apprendimento. Ed è necessario far sì che il ricorso al contratto d’inserimento sia più conveniente per le imprese del contratto a tempo determinato».

Insomma la proposta è di legare il «contratto Poletti», ma corretto delle sue parti più precarizzanti, al (per ora solo eventuale) contratto di inserimento a tutele crescenti (quello promesso originariamente da Renzi e adesso posteggiato in una delega): rendendo inoltre quest’ultimo meno costoso del primo, altrimenti è chiaro che le imprese gli preferiranno sempre il «Poletti».

Critiche che da tempo muove al decreto anche Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, e che ieri ha ribadito: «Il decreto legge non è un dogma e tantomeno deve essere blindato, anche se non penso che dobbiamo stravolgerlo – ha spiegato – É necessario rivedere l’abrogazione delle causali per i contratti a termine; e poter ripetere il contratto 8 volte in 36 mesi è una esagerazione. Sull’apprendistato, va corretta la parte sulla formazione pubblica, che ci espone a una procedura d’infrazione Ue, e quella sulle stabilizzazioni».

Anche per Damiano il decreto è un controsenso: «In questo modo ammazza la delega sul contratto di inserimento».

Gianni Cuperlo è sulla stessa linea d’onda: «Penso che il decreto sul lavoro vada corretto – afferma il competitor di Renzi alle primarie del Pd – 36 mesi senza causale per i contratti a termine sono troppi, come sono troppi 8 rinnovi consecutivi. Sull’apprendistato non va bene eliminare l’obbligo alla formazione e quello a stabilizzare un certo numero di giovani dopo la prova e prima di assumerne di nuovi. Così non si restituiscono diritti ma si aiuta la precarizzazione».

La Cgil ieri è tornata a ribadire che proprio facendo leva sulle critiche di parte della maggioranza (e non solo) al decreto, tenterà di far passare delle modifiche: «C’è un dibattito aperto in Parlamento – ha detto Susanna Camusso – Lavoreremo per proporre i cambiamenti che permettano di migliorare il decreto. Non ci piacciono le norme sui contratti a termine e che venga sacrificata la parte formativa del contratto di apprendistato».

Camusso ha poi chiesto al governo di modificare anche la riforma Fornero sulle pensioni, introducendo la possibilità di una «uscita flessibile».

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti difende il decreto, spiegando che al contrario l’intento del governo è quello di rendere i giovani meno precari, «prolungando fino a 36 mesi la possibilità di fermarsi in un’impresa, e avendo così maggiori possibilità poi di essere assunti».

Il ministro si è detto contrario a «stravolgimenti», ma aperto a modifiche, soprattutto dopo una verifica di «6 mesi, un anno, un anno e mezzo», «se le cifre non ci dovessero confortare».

Ma il governo in realtà sa che dovrà trattare già adesso: nella Commissione Lavoro della Camera, 21 deputati sono del Pd, e la maggior parte favorevoli a correzioni; con Sel e M5S potrebbero così fare massa critica. Mercoledì 2 aprile il gruppo Pd incontrerà il ministro alla Camera, per tentare una quadra. Venerdì 4 la scadenza per presentare gli emendamenti, poi il testo è atteso in Aula per lunedì 14.

Il relatore del testo, Carlo Dell’Aringa, però per ora stoppa la richiesta di Orfini, che si accoppi cioè il decreto alla delega: «Non ampliamo i temi». E per Filippo Taddei, responsabile Economia del Pd, sarà proprio il contratto di inserimento a chiudere il cerchio ed evitare la precarietà: ma appunto dopo, chissà quando, a data da destinarsi.