La soluzione, il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, pensa di trovarla con un «piano giovani», che dovrebbe abbattere la disoccupazione delle fasce di età più bassa di «almeno l’8%». Una ricetta choc, fatta di diversi ingredienti, tra i quali la flessibilizzazione massima dei contratti a termine, che così rischiano di diventare (se già non lo sono) definitivamente «usa e getta». Ieri a rincarare l’allarme sulla drammatica crisi economica e occupazionale ci ha pensato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che in occasione della commemorazione dell’uccisione di Massimo D’Antona, ha sollecitato il governo a trovare subito «soluzioni efficaci».

Il piano Giovannini dovrebbe portare 100 mila nuovi posti, abbattere la disoccupazione giovanile – come detto – di almeno l’8%, così da portarla al 30% circa, e dovrebbe costare in tutto tra i 10 e i 12 miliardi di euro. Il governo non può ancora definire nel dettaglio le misure, e soprattutto le risorse, visto che per qualsiasi movimento bisognerà aspettare prima la fatidica data del 29 maggio, quando la Ue dovrebbe decidere l’uscita dell’Italia dalla procedura di infrazione per il deficit. A quel punto, avremo maggiori margini per proporre nuove spese e investimenti.

[do action=”citazione”]Ogni giorno arrivano dati sempre peggiori sull’occupazione, in particolare dei giovani. Crescita esponenziale di senza lavoro, cassintegrati e scoraggiati[/do]

Si potrà ad esempio chiedere alla Commissione di scorporare dal deficit del 3%, oltre agli investimenti in infrastrutture, anche quelli per attivare l’occupazione. E si potrà accedere ad altri fondi specifici, messi a disposizione dalla Ue nel bilancio comunitario proprio in soccorso dei paesi più deboli su questo fronte, come la Spagna, la Grecia e il nostro Paese. Domani Giovannini avvierà gli incontri con le parti sociali, nell’ottica più di una consultazione che non di una moderna «concertazione». Ovvio che in ogni caso, pareri come quelli della Cgil o della Confindustria, vista la composizione altamente instabile della maggioranza (dal Pd al Pdl), comunque conteranno.

Ieri infatti la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, lanciava il suo avvertimento: bisogna accantonare la «politica degli annunci» e passare all’azione concreta, ha spiegato la leader del maggiore sindacato italiano. E se nel frattempo il Pd insiste – ancora ieri il viceministro Stefano Fassina, in una intervista – a ribadire che per il partito guidato da Guglielmo Epifani «la priorità è il lavoro», è anche vero dall’altro lato che proprio sul nodo «caldo» della riforma della riforma Fornero (la ripetizione è voluta), il Pd è piuttosto imbarazzato e non si pronuncia troppo, in quanto si vanno a toccare nervi scoperti anche per la propria base: la preannunciata liberalizzazione dei contratti a termine infatti non è gradita alla sinistra Pd, da Sergio Cofferati in giù, e certamente non piace alla Cgil, che più volte, anche sul nostro giornale, ha spiegato che non è opportuno rimuovere le causali dai contratti a termine.

Al contrario, il presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, non ha peli sulla lingua, e chiarisce quale sia l’idea del Pdl: «I contratti a termine – dice – dovrebbero essere senza causale e più agevolmente prorogabili. L’apprendistato dovrebbe essere privo di vincoli relativi ai precedenti impieghi e organizzato su una certificazione semplice e certa della formazione in azienda. I buoni prepagati o voucher potrebbero essere semplificati, ampliati in agricoltura e percepiti secondo massimali più elevati. Il lavoro intermittente, specie nel terziario, va reso più agevole. Le stesse collaborazioni e partite Iva, se genuine, non devono essere scoraggiate».

Gli altri punti della riforma Giovannini consisterebbero nel ridurre gli intervalli tra un contratto a termine e l’altro, che la riforma Fornero aveva ampliato e togliere l’aggravio dell’1,4%. Ma, anche, lanciare la «staffetta» anziani-giovani, grazie a una modifica della riforma delle pensioni, che permetta di uscire prima, ma pagando una penalità sull’assegno futuro: così si creerebbero nuovi posti. Allo stesso modo, si pensa a incentivare il part time tra i più vecchi, così da contrattualizzare i giovani, ma per coprire gli eventuali buchi contributivi servono risorse.