La mobilitazione ieri è cominciata intorno alle 8 con un flash mob degli Studenti autorganizzati campani con Potere al popolo ed Ex Opg Je so’ pazzo: davanti la sede regionale del Pd tre studenti vestiti da operai si sono spogliati versandosi addosso vernice rossa in segno di protesta per la morte di Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci. Bersaglio dell’azione il partito che, sotto la guida dell’allora segretario Matteo Renzi, introdusse in Italia «la buona scuola» con l’alternanza scuola – lavoro, adesso Pcto. «Nel 2021 ci sono stati 1.400 morti sul lavoro – hanno spiegato -, lo stato dovrebbe investire in sicurezza e non nella creazione di ulteriore precarietà». Terminato il flash mob, si sono ricongiunti con i manifestanti riuniti a piazza del Gesù (un migliaio) per andare verso la sede dell’Unione industriali. Tappe intermedie: comune e regione per protestare contro le due amministrazioni, in particolare la regione e la sua gestione della Sanità.

Intanto a piazza Garibaldi si andava radunando l’altro gruppo composto da Coordinamento Kaos, Unione degli Studenti Napoli, Studenti autonomi napoletani, Coordinamento studenti flegrei e Fronte della gioventù comunista. Alla fine saranno in circa 1.500 a sfilare verso l’Ufficio scolastico regionale. Jessica, Raffaele, Teresa e Celeste frequentano il Miranda di Fratta Maggiore, indirizzi scientifico e linguistico: «Abbiamo dovuto seguire uno stage per guida turistica. A chi fa lo scientifico non interessa per niente, chi fa il linguistico era pure contento. La verità è che ogni martedì ci hanno portato in gita a Napoli di tasca nostra. Abbiamo speso soldi ma non abbiamo imparato niente. Quando eravamo in dad ci facevano vedere dei power point. Alla fine del primo quadrimestre, poi, ci hanno detto che avremmo dovuto fare la maturità con la prova scritta. Non facciamo un compito scritto di italiano dalla terza, non abbiamo intenzione di compromettere il futuro universitario per un’imposizione».

Vincenzo frequenta il liceo scientifico Silvestri: «Ci hanno fatto accogliere i turisti nella Reggia di Portici. Un lavoro vero e proprio ma senza paga, con le spese a carico nostro, che ci impegnava anche la domenica. Di accogliere i turisti non ce ne frega niente, vogliamo fare medicina, ingegneria. Basta con questi obblighi assurdi». Marcello è del Convitto Vittorio Emanuele II di Napoli: «Due studenti morti e il ministro Bianchi non ha il coraggio di ammettere che non è sfortuna ma è colpa del Pcto. Anche dove non si fanno lavori pesanti lo studente comunque non ha scelta. E invece vogliamo e dobbiamo poter scegliere il futuro. Difronte al mio liceo c’è un istituto tecnico, il ministero li tratta in un modo differente: irregimentati come futuri operai quando dovrebbero ricevere lo stesso livello di istruzione nostro». Giuseppe frequenta il Pitagora di Toiano, zona Pozzuoli: «Ci hanno portato a vedere il territorio flegreo ma il mio tempo libero lo voglio gestire io».

Davanti l’Ufficio scolastico regionale i ragazzi si dipingono le mani di rosso e le imprimono sul portone: «È il sangue dei ragazzi morti per scuola». Il Pcto ai loro occhi sembra una roulette russa. «C’è bisogno di rivedere le forme che avvicinano i giovani al lavoro. Su di loro si scaricano i costi della sicurezza» spiega Massimiliano Guglielmi (Fiom Cgil Campania). E Rosario Rappa (Fiom Cgil Napoli): «Il Pcto si sta trasformando in un’operazione di sfruttamento di manodopera, è una scuola dei padroni che tende a costruire lavoratori come merce, finalizzati allo sfruttamento». A gennaio gli studenti napoletani furono caricati dalla polizia, Lamorgese diede la colpa agli infiltrati: «Il Movimento 7 novembre è in piazza come un mese fa – il commento di Eduardo Sorge -, la morte di due ragazzi non è un problema degli studenti ma della società».