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Paul Schrader: «Sempre meno a mio agio nel mostrare la violenza, il digitale ha cambiato tutto»

Paul Schrader: «Sempre meno a mio agio nel mostrare la violenza, il digitale ha cambiato tutto»Paul Schrader con il Premio alla carriera Laceno d'oro

Cinema La masterclass che il regista statunitense ha tenuto al festival Laceno d'oro prima di presentare l'ultimo film "Il maestro giardiniere", ora nelle sale

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 14 dicembre 2023

«La cosa peggiore di quest’epoca è la mancanza di empatia, ed è una questione molto legata al cinema perché le immagini in movimento si basano proprio sulla creazione di sentimenti, che possono essere poi diretti in un senso positivo quanto negativo» afferma Paul Schrader durante la masterclass che ha tenuto al Laceno d’oro. Il regista statunitense è stato «l’ospite d’onore» del festival di Avellino, l’unica città italiana dove ha presentato il suo ultimo film Il maestro giardiniere, che approda oggi nelle sale dopo la prima veneziana dell’anno scorso. Un gesto che fuoriesce dalle abituali logiche di promozione e che evidenzia il lavoro e la passione del festival campano.

È sul crinale tra nuove trasformazioni del cinema e evoluzione della propria carriera che si concentra l’incontro. «La rivoluzione digitale ha cambiato completamente l’esperienza: non si tratta più di vedere qualcosa che viene proiettata in una sala buia e che dura circa due ore. Oggi ci troviamo magari a vedere una serie in 15 episodi di 15 ore oppure un video su Youtube che dura cinque minuti». Un altro campo profondamente cambiato è quello dei finanziamenti e quindi della produzione: «Prima erano gli studios a finanziare i film, per poi avere un ritorno economico, mentre ora i soldi vengono dati per ragioni completamente diverse: Apple non ha certo versato 200 milioni a Scorsese pensando di poterli riottenere. Non sappiamo più dove e come vedere i film, ma nemmeno come vengono realizzati, moltissimo ormai avviene in post-produzione con la tecnologia digitale. Con tutte queste evoluzioni, ciò che pensavamo di sapere sul cinema non è più valido, ormai è in continuo cambiamento e questo discorso si può forse estendere a tutta la specie».

Non pensavo di diventare regista o sceneggiatore. Poi ho visto «Pickpocket» di Bresson: la mia educazione religiosa si incontrava con la profana HollywoodPaul Schrader
DALLE PROSPETTIVE future Schrader risale poi agli «inizi», alle sue prime esperienze col cinema, e racconta così la sua «chiamata»: «Non pensavo assolutamente di diventare regista o sceneggiatore. Poi ho visto Pickpocket di Robert Bresson: per me che avevo avuto un’educazione religiosa e mi ritrovavo in una realtà profana come quella di Hollywood, non pensavo che quei due mondi si sarebbero mai potuti incontrare. Quel film invece mi ha fatto capire che era possibile, non tanto a livello del contenuto quanto della forma. E poi ho pensato che una storia come quella, con dei ladruncoli e dei mascalzoni, avrei potuta scriverla anch’io: due anni dopo è arrivato Taxi Driver».

Quel primo capitolo della collaborazione con Martin Scorsese, incentrato su un «eroe esistenziale alla Dostoevskij», Schrader la definisce «un’autoterapia»: «Cerco di suscitare un coinvolgimento nei confronti di personaggi che non lo meriterebbero, per farlo bisogna trattenere alcuni elementi che ci aspetta di vedere, spingendo così chi guarda a protendersi in avanti nei confronti di quel personaggio. È una danza un po’ insidiosa ed è agli antipodi rispetto a ciò che spesso fanno i registi». Quando gli viene chiesto se si senta a proprio agio nel mostrare la violenza, un tratto tipico dei suoi film, risponde senza esitare: «Sempre meno. All’inizio della mia carriera tiravo fuori la parte sanguinaria dei miei personaggi, poi ho iniziato a fare marcia indietro. Trovo che oggi la violenza sia spesso superficiale, nonostante il cinema sia sempre un Kiss kiss bang bang business» afferma citando il libro della critica cinematografica Pauline Kael. Poche battute le dedica poi al film che ha appena finito di girare, Oh Canada, dove ritroverà Richard Gere insieme al giovane Jacob Elordi: «Se oggi rifacessi American Gigolo, sarebbe con lui».

Nel ritirare il Premio alla carriera Schrader saluta citando una canzone presente nelle ultime scene de Il maestro giardiniere, e che racchiude forse un’intera parabola cinematografica e esistenziale: «Da giovane avrei detto: non voglio andarmene prima di dirvi Fuck you! Ora invece, non voglio andarmene prima di avervi detto che vi amo».

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