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«Patto del Leopardo» con Erdogan, in Germania esplode il caso

«Patto del Leopardo» con Erdogan, in Germania esplode il casoL'ultima versione del tank di fabbricazione tedesca Leopard 2 – Ansa

Inchiesta giornalistica sui retroscena della liberazione di Deniz Yücel L’ipotesi di uno scambio tra Diritti umani e tecnologia militare per i tank turchi impiegati in Siria

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 31 gennaio 2021

Il «patto del Leopardo» fra Berlino e Ankara: la liberazione del giornalista Deniz Yücel in cambio dell’aggiornamento dei panzer di Erdogan schierati in Siria. Uno scambio diplomatico a misura di due realpolitik opposte ma tutt’altro che incompatibili. In pratica funziona così: nel 2018 il governo Merkel ha incassato il «Free-Deniz» che aveva mobilitato l’opinione pubblica nazionale e messo sotto pressione la GroKo, quindi oggi Erdogan può montare le piastre di protezione sulla corazza dei suoi carri armati Leopard-2 così «sorprendentemente simili» a quelle prodotte dalla tedesca Rheinmetall.

INSOMMA, DIRITTI UMANI contro tecnologia made in Germany fondamentale, in buona sostanza, per evitare che i tank turchi continuino a venire decimati dai razzi anti-carro in Kurdistan. Una ricostruzione scandalosa. Infatti chiunque la elevi a tesi rischia la querela annunciata dall’ex segretario Spd, Sigmar Gabriel: nel 2018 era lui il ministro degli Esteri e dal 2013 al 2017 anche il responsabile dell’Economia: il dicastero delegato al controllo istituzionale dell’export di materiale bellico.

Ma l’ipotesi non si spegne. Anzi continua a essere indagata a fondo dai cronisti di Stern e della tv pubblica Ard nell’inchiesta basata su documenti autentici fino a ieri riservati. In più il «caso Leopard» è formalmente già all’attenzione del Bundestag con i deputati di Linke e Verdi che pretendono «chiarimenti immediati» dalla cancelliera Merkel. Per sapere ad esempio se il suo governo era informato della triangolazione commerciale che oggi permette alla Turchia di modernizzare i propri carri armati.

L’ULTIMO INDIZIO del presunto scambio è l’immagine scattata nell’agosto 2020 recuperata in Turchia: immortala un Leopard-2 equipaggiato con il nuovo sistema di protezione della corazza prodotto dalla società turca Rokestan «sorprendentemente simile» al modello della Ibd Deisenroth, impresa con sede a Bonn, partner commerciale di Rheinmetall dal 2007 prima dell’acquisizione da parte del colosso nel 2019.

La prima traccia documentata, invece, risale a tre anni fa: corrisponde all’ordine della società turca Fnss specializzata nell’allestimento di mezzi corazzati di centinaia di piastre per Leopard-2 alla filiale Rheinmetall negli Emirati arabi uniti.

Il contratto stride con le rassicurazioni dell’epoca dell’ex ministro Gabriel e della cancelliera Merkel secondo cui «non c’è stata alcuna promessa alla Turchia per il rilascio del cronista di Die Welt. Anche Rheinmetall, allora, giurava di avere rispettato il regolamento sull’esportazione delle armi in tutte le sedi.

Eppure Idb aveva una filiale proprio a Istanbul, e secondo Stern fin dal 2014 «aveva già trasferito in Turchia l’intero set di dati per i sistemi di protezione dei serbatoi dei carri armati, apparentemente con l’approvazione delle autorità federali». Schemi tecnici imprescindibili per ricostruire nei minimi dettagli il «reactive armor» progettato dai tedeschi.

Difficile immaginare che know-how così sensibile possa avere oltrepassato il confine senza i controlli del caso.

«SE IL RETROFIT DEI LEOPARD-2 ora viene effettuato con tecnologia tedesca rappresenta un aiuto diretto alla guerra di Erdogan in Siria e un atto contrario al diritto internazionale» denuncia Sevim Dagdelen, delegata agli Esteri della Linke. «Il governo federale chiarirsca al più presto le modalità che hanno permesso alla Turchia di modernizzare il carri armati» aggiunge Tobias Lindner, esperto di Difesa dei Verdi.

Per Rheinmetall, invece, i Leopard-2 turchi continuano a restituire solamente «somiglianze esterne al sistema drealizzato da Ibd», e l’azienda-madre non ha mai avuto indicazione che le protezioni della sussidiaria di Bonn siano state effettivamente utilizzate dalla Turchia. Nel 2014 inoltre non ci sarebbe stata alcuna autorizzazione di Rheinmetall per esportare «tecnologia di protezione» verso Ankara.

DI TUTTO CIÒ UFFICIALMENTE il ministero federale dell’Economia sa solo che «la nuova armatura dei Leopard 2 è stata tenuta segreta dalla Turchia». Scoprirlo sarebbe stato esattamente il lavoro dei servizi dell’intelligence civile (Bnd) e militare (Mad) che si suppone conoscessero – o avessero l’obbligo di conoscere – l’applicazione di un sistema d’arma tedesco su mezzi corazzati tedeschi: gli stessi Leopard-2 per anni in servizio nei reparti della Bundeswehr prima della svendita ai turchi.

Resta quindi ancora da ricostruire la catena di comando politico-istituzionale dietro all’aggiornamento dei carri armati dell’esercito di Erdogan. Rimane da sapere, cioè, chi ha avvallato la fornitura bellica che tre anni dopo la liberazione del giornalista di Die Welt (detenuto per 367 giorni in carcere in Turchia fino a febbraio 2018) si configura come contropartita del suo rilascio.

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