«Il disegno» è «politico», scrive il gip di Trapani. Cinque mesi di bugie per dare «un’immagine della tenuta e dell’efficienza del servizio sanitario regionale, e della classe politica che amministra, migliore di quella reale e di evitare il passaggio dell’intera Regione o di alcune sue aree in zona arancione o rossa, con tutto quel che ne discende anche in termini di perdita di consenso elettorale». Per questo motivo, secondo la Procura, dirigenti e funzionari della Sanità siciliana, con il consenso dell’assessore Ruggero Razza, avrebbero taroccato i dati trasmessi all’Istituto superiore di sanità, gonfiando il numero dei tamponi processati per diluire quello dei positivi al Covid e comunicando meno decessi di quelli reali. Un piano «scellerato», lo definisce la gip Caterina Brignone.

Tre gli arrestati: Maria Letizia Di Liberi, numero uno della burocrazia sanitaria, a capo dell’osservatorio epidemiologico; il funzionario Salvatore Cusimano, assunto alla Regione qualche anno fa grazie alla legge sulle vittime di mafia; Emilio Madonia, dipendente di una ditta che gestisce i flussi informatici dell’assessorato. Indagato per falso materiale e ideologico Razza, pupillo del governatore Nello Musumeci. Dopo la pubblicazione di alcune intercettazioni contenute nell’ordinanza del gip, Razza si è dimesso e qualche ora dopo si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti ai pm di Trapani. Dalle tante intercettazioni, sostengono gli inquirenti, si delinea il quadro inquisitorio.

«I deceduti glieli devo lasciare o glieli spalmo?», chiede Di Liberti a Razza non sapendo di essere intercettata. «Ma sono veri?», risponde l’assessore. «Si, solo che sono di 3 giorni fa». E Razza dà l’ok: «Spalmiamoli un poco». La dirigente prosegue: «Ah, ok allora oggi gliene do uno e gli altri li spalmo in questi giorni, ok». A novembre dopo la decisione del governo di mettere la Sicilia in zona arancione, Razza chiama la dirigente. «Letizia è inutile che facciamo stare in piedi sacchi vuoti… c’è stata una gravissima sottovalutazione e il dato finale è scritto in quegli indicatori, poi secondo me sono sbagliati perché mettono sullo stesso piano indicazioni diverse, però come avrai visto ci sono dei dati dove noi comunichiamo zero!… E chissà da quanto!». Al telefono l’assessore si dice amareggiato, deluso – scrive il gip – «per non essere riusciti ad assicurare la buona gestione dell’emergenza sanitaria».

«Razza – spiega il giudice – riferisce che il 90% della situazione creatasi è attribuibile alla loro piena responsabilità, ma Di Liberti sostiene che i dati sono quelli estrapolati dalle piattaforme informatiche, al che l’assessore le fa notare, con rammarico, che nessuno lo ha mai informato della grave criticità emersa, a suo dire, da un raffronto dei dati della Regione siciliana con quelli comunicati dalle altre Regioni».

Il 15 marzo si profila il «caso Palermo», il dato dei positivi è preoccupante, e «diventa un problema serio», dice Di Liberti parlando col commissario per l’emergenza della provincia, Renato Costa. «Ma gioia mia io più di darti i dati», replica Costa. Di Liberti ha un’idea: «… una delle cose che si può fare è di diluirli in due giorni, 355 sono un numero esageratissimo». Il commissario: «Li vuoi dividere?». Di Liberti cerca di spiegarsi meglio: «Oggi sono 355… giusto? O ne togliamo 65… li lasciamo a 290, visto che sono quelli di due giorni… ma i 65 glieli mettiamo domani. Oppure niente… lasciamo questi e valutiamo, quello che viene viene». Di Liberti ne parla con Razza e richiama Costa: «Gli ho mandato i dati e Ruggero dice che sono troppi, c’è il problema della domenica e di non darli tutti… di spostarli a domani un poco… ma te lo devo dire però, perché altrimenti…». Quattro giorni dopo, altra intercettazione. Ci sono 500 nuovi casi, 255 a Palermo e 245 in provincia: «Ruggero, secondo me, noi, Palermo dobbiamo fare zona rossa, 500 positivi solo in provincia di Palermo, di cui 250… non è lunedì e quindi non abbiamo il problema del sabato e domenica, oggi è venerdì e sono quelli di ieri». Razza chiama Musumeci: «Ti volevo dire che abbiamo una situazione molto difficile a Palermo e provincia. La incidenza ha superato la quota dei 250 per 100.000 abitanti e solo oggi superiamo i 400 casi solo a Palermo. Si impone la necessità di dichiararla zona rossa».

Musumeci è d’accordo: «E vabbè, ma di fronte a numero del genere». Razza chiede se vuole avvertire il presidente dell’Ars Gianfranco Micciché e il sindaco Leoluca Orlando. «E certo», gli risponde Musumeci. Razza: «Il Dipartimento farà la proposta questa sera, decidiamo se glielo vogliamo dire oggi o se glielo vogliamo dire domani, perché se glielo diciamo a Orlando, Orlando se la vende subito». Musumeci: «Sì, se la vende subito, il problema è capire se siamo in condizione di potere avvisare poi domani in tempo utile. Questo è il discorso, perché non è che glielo possiamo comunicare due ore prima alla gente». All’indomani le cose sono nettamente cambiate. «Non ti sei più fatto sentire ieri… non so più niente su Palermo per quanto riguarda la zona rossa», chiede Musumeci. Razza è rassicurante: «… non ti… abbiamo i dati… è sotto… è abbondantemente sotto i 250…». Musumeci: «… allora perché mi avevi detto 400». Ancora Razza: «No… ieri erano 400… ma nella settimana.. eh… sono stati 196 per 100.000 abitanti». Per la gip Brignone, queste telefonate dimostrerebbero un possibile inganno ai danni di Musumeci. L’indagine intanto sta per essere trasferita per competenza a Palermo.