A una legge di bilancio schiantata da 23 miliardi di euro (su 30) per bloccare l’aumento dell’Iva e dall’obbligo di rispettare flessibilmente i parametri del patto Ue di stabilità e crescita può capitare di redistribuire male le poche risorse rimanenti, senza produrre conseguenze significative sulla vita delle famiglie, dei lavoratori, dei pensionati, dei dipendenti pubblici e dei prof che a scuola aspettano ancora gli «aumenti a tre cifre» promessi con il rinnovo del contratto.
In questo dilemma si trova il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che ieri in un’audizione in Senato si è lamentato per lo «strabismo comunicativo» che ha colpito i partner del suo governo quando hanno iniziato a contendersi lo spazio mediatico accusandosi a vicenda di volere aumentare le tasse sulla plastica, sulle merendine e sulle auto aziendali. «Sono misure che costituiscono come entità solo il 5% della manovra e trovo abbastanza squilibrato il rilievo e la centralità che hanno nella discussione pubblica» ha detto il ministro.

Saranno state pure epocali battaglie in un bicchiere d’acqua ma l’impatto sul governo è stato devastante. Vicenda Ilva a parte. E non tutto ha funzionato alla perfezione da parte di chi ha formulato queste proposte. Infatti Gualtieri ha ribadito che la «Plastic Tax» dovrà essere «riformulata per evitare effetti negativi su una filiera produttiva molto importante». E che quella sulle auto aziendali sarà «migliorata». «Non si tratta di una tassa, ma di una rimodulazione di un sussidio pubblico – ha detto – Sono 300 mila le vetture interessate. È un incentivo a rinnovarle. Sono stati fatti numeri fantasiosi e infondati».

Il 5% è più o meno il margine di manovra che ha il governo in questa «finanziaria». E dunque qualcosa al suo interno cambierà nell’iter parlamentare appena iniziato. Due pegni da pagare a Renzi che rinnova la sua intrepida battaglia «No Tax». E al governatore dell’Emilia Romagna Bonaccini (Pd) che si è aggrappato alla battaglia contro la «Plastic Tax» per strappare un voto in più alle regionali di gennaio.

Bisognerebbe allora concentrarsi sul restante 95%, in gran parte occupato dalle fatali «clausole Iva». È uno dei «contidel Papeete» lasciato l’8 agosto scorso da Salvini. Gualtieri, già autore della brillante definizione, lo sa. E si avvia, rassegnato, a pagarlo. Ieri ha rilanciato lo slogan: asili nido gratis dal primo gennaio, non da settembre 2020. Per il prossimo triennio sono stati stanziati 2,8 miliardi di euro. Per tutta la famiglia. Non proprio una cifra colossale, ma almeno è qualcosa. Salvini lo sa e per questo ha attaccato, negando persino l’esistenza del modesto importo: «Altro che asili nido gratis. La manovra non stanzia nulla per le famiglie. Come fanno a vantarsene di questa manovra? Sa di presa in giro». Puntuale è arrivata la risposta di Gualtieri che ha citato l’articolo 41 del Ddl Bilancio con i relativi importi. «Parlano i fatti». Il problema è che i fatti sono ristretti a una dimensione modesta. Questo è il senso delle obiezioni fatte dal «Forum famiglia» citate da Salvini pur cambiandone grossolanamente il senso. Questa organizzazione sostiene che l’annuncio sugli asili «sa di presa in giro» perché le risorse non sono adeguate per realizzare l’«assegno unico per figlio». Una proposta evocata a turno da tutte le forze politiche. Gli aiuti al «ceto medio», alle «famiglie» sono un ever green.

Lo stesso problema Gualtieri lo ha sul fronte del taglio del cuneo fiscale ai lavoratori. In audizione ha citato il calo delle tasse sul lavoro dipendente per 3 miliardi nel 2020 che aumenterà a 5. Va ricordato che, al momento, il governo non sembra ancora avere scelto dove orientare il provvedimento: verso gli «incapienti» che guadagnano meno di 8.200 euro all’anno, oppure verso coloro che guadagnano tra i 26 e i 35 mila euro. Entrambi esclusi dagli 80 euro di Renzi. Nel primo caso un effetto ci sarebbe, come ha sostenuto il viceministro dell’Economia. Nel secondo gli effetti meno. In attesa di tempi migliori Gualtieri ha confermato la volontà del governo di affrontare, con una legge delega, una riforma fiscale complessiva ispirata alla progressività. L’opposto di quello che voleva fare Salvini con la «Flat Tax»