Una rara occasione per osservare il teatro «da dentro», incarnato nell’umanità di chi il teatro lo fa, e lo vive come propria vita. Con il fascino (e anche il rischio) di poter leggere, e vivere (talvolta scambiandone le categorie) l’una e l’altro. Parte dalla vita, anzi proprio dall’autobiografia, Cuòre: sostantivo maschile, il corposo «duetto» di due attrici che si sono raccontate in tutta sincerità davanti a una drammaturga, Angela Di Maso, che ne ha poi tratto una partitura unitaria che è ora arrivata sulla scena (al Teatro Basilica, fino a domenica 17).
Daniela Giovannetti e Alvia Reale (che qui firma anche la sua prima regia) sono due solide e riconosciute attrici della scena italiana, che hanno avuto storie diverse, ma che scoprono affinità e coincidenze, che rendono il corso del racconto un curioso quanto affascinante (e crudele) esempio di un contemporaneo Vite parallele. Una ha frequentato l’Accademia d’arte drammatica diventando a lungo figura costante del teatro di Luca Ronconi; l’altra voleva entrare all’Accademia di danza, perché quel linguaggio artistico era la sua vena naturale (partecipando ripetutamente agli show tv della Carrà), fino a che un incidente le ha impedito di continuare a danzare la propria eccellenza, e il palcoscenico del teatro è divenuto in qualche modo la sua «terapia» esistenziale. Alvia fu costretta invece dalla gravidanza a interrompere il ritmo serrato della propria crescita artistica, per l’incomprensione dei suoi interlocutori. Un trauma per entrambe quindi, che le porta oggi a guardare a ritroso attraverso passioni, lutti, carattere e volontà di affermazione.

UN PERCORSO complicato, ora raccontato con lucidità e passione, e anche molta ironia e leggerezza: dall’immagine iniziale dell’attrice cowgirl che impugna una motosega, al finale volteggiare insieme, disilluse, ma non arrese, davanti alle Parole parole parole, che non sempre hanno nella vita il fascino suadente della voce di Mina.