Ancora ricco di giovanile entusiasmo carioca, Nelson Pereira dos Santos non si lascia intristire dalle uggiose temperature milanesi ma colora di ricordi e suggestioni il Festival Center di Milano con voce suadente, così simile alle armonie dell’amico Tom Jobim, celebrato nel documentario A musica segundo Tom Jobim, presentato fuori concorso al 23° Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina – in collaborazione con Feltrinelli Real Cinema, codiretto insieme a Nora Jobim, figlia del compianto Tom.
Presidente di giuria del concorso lungometraggi Finestre sul Mondo, dos Santos è una delle figure più importanti e influenti del cinema, non solo latinoamericano, del secolo scorso: pioniere e padre spirituale del cinema novo brasiliano, onoreficenza concessa dal fondatore del movimento Glauber Rocha, primo regista ad essere ammesso all’accademia letteraria brasiliana e cineasta dalla filmografia fertile e instancabile, pregna di identità nazionale, letteratura e politica.

Nel suo documentario «A musica segundo Tom Jobim» si percepisce una forte nostalgia per quella delicata rivoluzione musicale chiamata bossa nova, quasi come se al giorno d’oggi in Brasile non si ascoltasse più…

Nonostante la musica di Tom sia ancora oggi divulgata e presente nei negozi di dischi, non entra comunque in competizione con le nuove leve. Però la musica popolare brasiliana continua a risuonare in molte case. La bossa nova in fondo è una specie di dolce stil novo: le canzoni di Tom, soprattutto quelle scritte con Vinicius de Moraes, parlavano di amore, passione, dolore e la donna era un angelico ma carnale oggetto del desiderio. Questo tema oggi non è più esplorato, è fuori moda, forse anche a causa dell’avvento della parità dei sessi, e non si sente più il bisogno di poesia.

Quanto hanno contribuito la musica e il cinema al riscatto degli emarginati brasiliani?

[do action=”citazione”]La musica è sempre riuscita a incidere sia a livello personale sia a livello sociale, come ho mostrato nel mio film Rio, zona norte, dove il protagonista è un giovane emarginato ma la sua vocazione e il suo talento da sambista lo porteranno al riscatto sociale. Per quanto riguarda il cinema è sempre stato più difficile per il costante bisogno di soldi; era quasi un’impresa impossibile far combaciare popolo e capitale ma per fortuna oggi c’è la tecnologia.[/do]

Da giovane lei è stato anche musicista e cantante …

Per me la musica è stata sempre fondamentale ma mi sono reso conto molto presto di non saper suonare degnamente. Per un certo periodo ho provato a dipingere anche lì senza successo. Così ho deciso di dedicarmi al cinema, e grazie a questa mia nuova identità sono riuscito a portare con me quelle vecchie passioni, facendole rivivere nei film e nei miei personaggi.

L’avvento della bossa nova negli anni 50 è stato un fenomeno culturale paragonabile alla rivoluzione del cinema novo?

Purtroppo non è stata la stessa cosa anche perché la musica arriva di più alle masse popolari mentre il cinema è legato per forza agli spazi e ai circuiti cinematografici, e i proprietari di sale hanno sempre preferito proiettare i film americani. All’epoca del cinema novo c’erano circa tremila sale in Brasile ma la presenza di film brasiliani, anche nel periodo migliore, non ha mai superato il 40- 45 % rispetto ai film stranieri, come del resto in tutti gli altri paesi del mondo.

La produzione e la divulgazione dei film brasiliani nel frattempo è cambiata?

La politica sta intervenendo per favorire il cinema nazionale e la sua circolazione, l’anno scorso sono stati prodotti e distribuiti quasi cento film, e vale sia per la produzione che per la distribuzione. Anche in televisione la legge prevede una copertura: abbiamo molti canali nuovi e circolano circa 150 film all’anno, solo il 10% però sono brasiliani; la cosa più triste è la ripetizione di certi film, sono sempre i soliti! Ancora oggi ci sono serie tv che guardavo 50 anni fa e i miei nipotini quando tornano a casa vogliono vedere Bonanza!

È stato difficile il processo artistico di decolonizzazione in Brasile?

Il processo è stato molto lento: la prima forma d’arte a ribellarsi è stata la letteratura, successivamente la pittura, poi la musica. La tradizione musicale popolare dei neri si mischiava alle melodie portoghesi e brasiliane ma non era considerata cultura nazionale prima di Heitor Villa Lobos, genio capace di riconnettere le esperienze maggiori della musica popolare e trasformarle in fenomeno colto. Il cinema ha impiegato molto di più a riconoscersi e a riconoscere la cultura nazionale brasiliana, il solo che ci è riuscito, fino agli anni 40, è stato Umberto Mauro, creatore dell’unico cinema in cui mi riconoscevo in quanto brasiliano. Il resto della produzione era semplice imitazione del cinema americano, per un complesso di inferiorità rispetto al resto del mondo. La presenza dei neri era sempre marginale, al massimo erano servitori dei ricchi, come in Via col vento. Gli attori si ossigenavano i capelli e si mettevano le lenti a contatto azzurre mentre le storie erano completamente distaccate dalla realtà e la lingua portoghese parlata al cinema non era quella corrente ma quella letteraria. Poi è arrivato il neorealismo italiano, una vera liberazione. Con il mio primo film Rio 40 graus seguii la corrente neorealista ma sono stato subito bloccato dai censori perché a loro avviso quello che rappresentavo era una menzogna, a partire dal titolo! Ebbero il coraggio di dirmi che a Rio la temperatura massima era di 39.6 gradi.

Il suo cinema si è spesso confrontato con la letteratura. Come sceglie cosa adattare sul grande schermo e cosa la colpisce maggiormente di uno scrittore?

La mia prima influenza letteraria, anche grazie ai miei studi classici, è stata Jorge Amado: Rio 40 graus non è liberamente tratto, né basato sulle opere di Amado ma la sua poetica è stata fondamentale per il mio lavoro. Poi nel 1958 ho deciso di fare un adattamento letterario, dopo un viaggio nel nord del Brasile dove una casa di produzione mi aveva commissionato un documentario sulle zone colpite da una fortissima siccità. Uno dei libri che ho consultato per documentarmi era Vidas secas di Graciliano Ramos, mi ha colpito talmente tanto che ho voluto portarlo sullo schermo. Visto che il film è andato bene ho ricevuto in seguito molte offerte di adattamenti, ma non è mai stata una questione automatica per me. Più il romanzo è ben trattato e puntuale e più per me è facile pensare a un film ed è questo mi colpisce più di ogni altra cosa.

Lei ha spaziato tra numerosi generi cinematografici: il melodramma, la commedia, il dramma sociale, la fantapolitica. Quale è stato il filo rosso che ha legato generi così diversi?

Il mio passato da giornalista mi ha insegnato a trattare ogni tipo di produzione in maniera unica, con l’intento di approfondire le esperienze che più mi interessavano senza farmi influenzare dalle opere precedenti. C’è una linea continuità dal punto di vista morale e filosofico: la libertà, il portare avanti un discorso sulla libertà affinché lo spettatore si renda conto di quanto sia importante preservarla e rivelare così la mia idea di realtà e libertà da brasiliano a brasiliano. In tutti i miei film poi ricerco sempre la semplicità e la curiosità, anche nell’approccio ai temi, senza dimenticare il grande rispetto che nutro per le donne.

Come sta vivendo il periodo di grande progresso del Brasile, rispetto al resto del mondo, in quest’ultimo periodo?

Sento materialmente il progresso e lo noto anche nelle piccole cose: quando ho comprato anni fa il mio studio nel centro di Rio, c’erano solo due uffici occupati al mio piano e i palazzi attorno erano decadenti. Ora è tutto occupato e restaurato. L’economia cresce ed è solida ma ho già vissuto periodi dove si credeva ciecamente a un immediato sviluppo per poi vederlo scendere improvvisamente Nonostante tutto il Brasile è forte e democratico, con schieramenti politici opposti ma con una strana somiglianza nell’essenza del loro programma. Confesso però di provare un po’ di nostalgia per il dopoguerra, all’epoca eravamo tutti studenti e militanti mentre oggi i giovani brasiliani mi sembrano tutti pacificati.