Una manciata di lungometraggi in vent’anni, tutti battezzati a Cannes e tutti vietati ai minori. Da Seul contre tous (prix de la Semaine de la Critique 1998) a Irréversible del 2002 (con Monica Bellucci e Vincent Cassel e un paio di sequenze-choc), a Enter the Void (2010), Love (2015) e, l’anno scorso, Climax, Gaspar Noé s’è creato fama e identità di regista-scandalo.. Italo-argentino, 56 anni in dicembre, scampato al destino di desaparecido insieme ai genitori esuli in Francia dopo il golpe del 1976, l’autore d’un cinema sulfureo e estremo ha condotto finora una vita artisticamente spericolata, passando da assistente di Solanas (in due film : Tangos, l’exil de Gardel e Sur) a comparsate grande schermo (tra cui Dobermann dell’amico Jan Kounen, dove ha conosciuto la Bellucci), a serie o clip bollenti per Canal+, senza disdegnare di tanto in tanto corti pornografici o molto spinti, tra cui, nel 1991, Carne, con cui vince la sua prima Semaine de la Critique, creando le premesse per il successivo Seul contre tous. Incontrato ai Rendez-vous di Unifrance a Parigi per la promozione di Climax, che esce in Italia il 13 dopo l’anteprima al Sicilia Queer Filmfest di Palermo (conclusosi il 5 con i premi al portoghese Serpentario e al corto spagnolo Galatée à l’infini), Noé, timido e titubante, non tarda a svelare le sue radici italiane, evocate fin dal corto d’esordio, a 22  anni, Tintarella di luna, e ribadite in Climax, rimbalzato dalla Quinzaine al Milano Film Festival lo scorso autunno e nominato ai Prix Lumières per la fotografia : storia d’una tranquilla serata di paura, progressivo tendersi di violenze latenti in una compagnia di danza in prova per lo spettacolo, scatenate da una sangrìa alcolicamente taroccata.

Una notte di delirio : una notte di cinema italiano, Gaspar Noé ?

Premesso che nella ‘poetica carnale’ del mio cinema mi sento molto vicino a autori quali Aronofsky o Lars von Trier, alcuni dei vostri film mi hanno sconvolto e segnato per sempre. Oltre, evidentemente, al Salò-Sade di Pasolini, anche horrors di cosiddetta serie B, come Il mulino delle donne di sabbia, o, per venire a Climax, Fellini e Comencini.

Due registi insospettabili. Per quali film ?

In Fellini, il masso enorme che sbriciola in un’implacabile apocalisse il finale di Prova d’orchestra. Pure in Climax, a una prima parte di serene prove coreografiche (esperienza che è stata anche la mia : da ragazzo ho frequentato una scuola di danza) succede una seconda parte di progressiva esplosione di violenza. È esattamente quel che accade nel film di Comencini, L’ingorgo, dove gente assolutamente normale si scatena in un crescendo di violenza animale : in autostrada come in guerra. Sono situazioni-limite, d’interruzione o sospensione della normalità, che mi attirano molto come autore. Il mio prossimo set mi piacerebbe fosse un film di guerra.

Anche i naufragi sono ideali capovolgimenti della norma : Titanic insegna, no ?

Sì, la calma dorata che si rovescia in perdita di controllo. Negli Stati Uniti è storia ricorrente. Ma nel cinema Usa i cattivi muoiono e i buoni si salvano. Nei miei film, sono i cattivi a salvarsi. Comunque, muoiono di meno.

Come nascono le sue storie, dove trova l’ispirazione ?

Dalla lettura quotidiana dei giornali. Ha mai provato a pensare quanti grandi film si trovano già scritti nelle colonne della cronaca nera ? Il problema è sempre l’insufficienza dell’arte : è difficile trasmettere attraverso lo schermo le paure e l’orrore che proviamo nella vita.

Dario Argento dice di trarre i film dai suoi sogni.

Ammiro molto sia Dario che Asia Argento. Tra l’altro, Suspiria, già molti anni prima di Climax, è ambientato in una scuola di danza… Anche per me i sogni sono importanti fonti cinematografiche, un impagabile deposito di visioni. Ma il mio mondo onirico, finisco sempre per modificarlo, razionalizzarlo. Mi piacerebbe, un giorno, assistere a un film scritto veramente nel linguaggio dei sogni. Che bello, riuscissimo davvero, con il cinema, a entrare nel profondo del nostro inconscio.