C’era tutto il cinema italiano «da Oscar» a Palazzo Chigi: Bernardo Bertolucci, Giuseppe Tornatore, Paolo Sorrentino e Roberto Benigni (in vena di battute: «La figuraccia delle statue coperte? Renzi ci ha accolto nudo…»). L’occasione era la discussione in aula sul nuovo disegno di legge sul cinema, che è stato poi approvato in serata. Un ddl di 40 articoli che introduce una serie di novità, a livello fiscale e per gli investimenti nel settore.

Tra queste, un tax credit che a regime arriverà dal 15% al 30% del costo complessivo di produzione, nonché l’estensione all’audiovisivo (fiction, documentari) del credito d’imposta per gli investitori esterni al settore, sinora riservato al cinema. Secondo il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini: «È la riscrittura di una disciplina nuova per cinema e audiovisivo».
E sul prelievo per il fondo unico alimentato da una percentuale del 12% delle entrate del gettito Ires e Iva di società televisive, produttori cinematografici e provider telefonici, sottolinea trattarsi: «Non di un prelievo di scopo o tassa aggiuntiva, ma consente di uscire dalla discrezionalità dei governi che stabilivano le risorse anno dopo anno». Il fondo – si legge nel Ddl – non potrà mai scendere sotto: «i 400 milioni. Non solo, nel fondo unico scompare ogni scelta discrezionale perché non sarà più una commissione a valutare se sussista o meno l’interesse culturale del film. Il meccanismo diventa automatico e prevede sei tipi di tax credit».

Nel dettaglio – si legge nel sito della senatrice del Pd Rosa Maria Di Giorgi che ha promosso il ddl, sono quattro gli aspetti essenziali: «il Centro Nazionale del Cinema e l’audiovisivo, in grado di elaborare le politiche di settore fornendo un sostegno adeguato alle specifiche e mutevoli necessità (…): dalla scrittura alla produzione,alla conservazione e al restauro del patrimonio». E ancora: «Certezza e continuità delle risorse, determinate al di fuori della fiscalità generale, tramite un prelievo sul giro d’affari di tutti gli operatori che traggono profitto dallo sfruttamento delle opere cinematografiche, comprese le società telefoniche».

E «l’adozione di un principio generale di trasparenza su tutti gli atti e i contratti che riguardano un’opera cinematografica finanziata con risorse pubbliche, da realizzarsi con l’istituzione di un registro cinematografico accessibile a tutti gli aventi diritto» e infine «La definizione di sanzioni certe e con un criterio progressivo di severità collegato alla gravità dell’infrazione».