L’invito ossessivo di Boris Johnson ad attendere i risultati dell’indagine di Sue Gray sul “partygate” a Downing Street è diventato al punto una barzelletta che sui social perfino una squadra di serie b, il Kettering Town Football Club, twitta di attendere il responso di Sue Gray per confermare la propria sconfitta sul campo.

MA ORA SU JOHNSON, il suo governo e le feste al numero 10 in pieno lockdown incombe un’indagine non più solo civile: Scotland Yard ha annunciato ieri di stare a sua volta indagando, a partire proprio dall’inchiesta della funzionaria dell’ufficio di gabinetto, sui party nella residenza del primo ministro in violazione delle misure anti Covid. «In conseguenza in primo luogo delle informazioni fornite dall’ufficio di gabinetto, e secondariamente delle valutazioni dei miei agenti, posso confermare che la polizia sta ora indagando un certo numero di eventi che hanno avuto luogo a Downing Street e Whitehall negli ultimi due anni, in relazione a potenziali infrazioni dei regolamenti sul Covid-19», ha detto in una conferenza stampa la commissaria della Metropolitan Police Cressida Dick, “rimangiandosi” così la precedente scelta della polizia di non indagare retroattivamente su infrazioni del lockdown.

A GIUSTIFICARE il cambio di rotta, ha spiegato Dick, sono tre elementi: la presenza di indizi che le persone coinvolte sapessero – o avrebbero dovuto sapere (e non varrebbe dunque la folle giustificazione di Johnson in parlamento: «Pensavo si trattasse di un evento di lavoro») – che agivano in violazione della legge. Non indagare, inoltre, «potrebbe seriamente compromettere la validità della legge». E, infine, pesa l’ «ambiguità circa l’assenza di ogni ragionevole difesa» -cortese formulazione inglese che indica una completa mancanza di giustificazioni per le feste. «Sono lieto della decisione della polizia di condurre la propria indagine perché credo aiuterà a dare ai cittadini la chiarezza di cui hanno bisogno», ha commentato Johnson.

IN UN PRIMO MOMENTO, è sembrato che il profilarsi di un’indagine penale avrebbe messo in stand by la pubblicazione dell’inchiesta di Gray. Ma ancora una volta pare sia stato il governo stesso, riporta il Guardian, a temporeggiare sul rilascio di un documento potenzialmente distruttivo per l’esecutivo e per Johnson, già sotto pressione da giorni perché rassegni le dimissioni – «Quando un primo ministro passa il suo tempo a cercare di convincere il pubblico britannico di essere stupido, invece che disonesto, non è ora che se ne vada?», ha osservato pochi giorni fa la deputata labour Diana Johnson – anche da parte del suo stesso partito, dove si discute di un voto di fiducia su BoJo. Voto al centro di un altro scandalo da quando il tory William Wragg ha denunciato delle «intimidazioni» che avrebbero subito alcuni membri del suo partito – minacce di cattiva pubblicità e di tagli ai fondi per i loro collegi elettorali – per non mettere in discussione la leadership di Johnson.
Sull’inchiesta di Gray Johnson però ormai ha le mani legate: pare gli verrà consegnata a breve, e resa pubblica entro questa settimana.