Lo scorso marzo il presidente Abdelmajid Tebboune ha sciolto il parlamento e indetto nuove elezioni legislative per il 12 giugno con l’intenzione di «coinvolgere la società civile ed i giovani», principali protagonisti delle proteste di questi anni dell’Hirak. Proposta che, al contrario, ha visto l’adesione dei partiti dell’epoca Bouteflika e del fronte islamista, mentre viene avversata dai partiti progressisti e laici dell’opposizione e dal movimento Hirak. Il manifesto ne ha parlato con Djelloul Djoudi, segretario nazionale del Partito dei Lavoratori (Pt), principale formazione della sinistra algerina.

Il regime ha imposto nuove limitazioni alla libertà di manifestare nel paese, questa è la fine dell’Hirak?
Questo è un tentativo del regime di limitare ogni manifestazione di dissenso, ma penso che sia inimmaginabile che un movimento popolare che ha riunito milioni di algerini scompaia all’improvviso. L’Hirak è un’idea, una convinzione e una visione di un popolo per il futuro del proprio paese che, come ha già dimostrato più volte, si trasformerà in altre forme di lotta non violenta per una nuova Algeria.

Come giudica la dura repressione di questi ultimi mesi?
Anche se il governo inasprisce la repressione per far passare le elezioni, il popolo non si unirà a questo ennesimo tentativo del regime di mantenersi in vita. D’altronde, quello che va sottolineato, è che ci sono tutti gli ingredienti per un’esplosione sociale e le ragioni che hanno spinto milioni di algerini a protestare pacificamente rimarranno anche dopo queste elezioni. Siamo comunque molto preoccupati per il futuro democratico del paese. Sono segnali negativi gli arresti di massa contro attivisti e giornalisti di queste settimane e la procedura di scioglimento contro il Partito Socialista dei Lavoratori (Pst), l’Unione per il Cambiamento e il Progresso (Ucp) di Zoubida Assoul e l’associazione Raggruppamento di Azione Giovanile (Raj), noti per il loro coinvolgimento nell’Hirak.

Non ha sorpreso la vostra scelta di non partecipare alle legislative di giugno, per quale motivo?
La nostra scelta era obbligata ed è stata condivisa con tutti i nostri organi istituzionali nella riunione del Comitato centrale a metà marzo. Le prossime elezioni legislative saranno l’ennesimo tentativo del sistema di continuare a governare e non saranno certamente l’inizio dello smantellamento del sistema obsoleto e corrotto, ereditato dal modello monopartitico e contro il quale la maggioranza del popolo si è ribellata e si è sollevata con le proteste dell’Hirak

Quale sarà l’esito delle elezioni?
Il risultato di questo nuovo “circo” è scontato con il sistema che tenterà di restare in vita o con una possibile ascesa del campo islamista che in questi mesi è stato messo ai margini del movimento. Anche il prossimo turno elettorale non risolverà i seri problemi socio-economici che colpiscono il nostro popolo e non cambieranno le politiche antisociali e antipopolari che il governo sta attuando. Le elezioni vedranno comunque una fortissima astensione, come è già avvenuto per le presidenziali ed il referendum.

Qual è la soluzione proposta dal Pt e dalle forze di opposizione progressiste?
La nostra proposta come Patto per l’Alternativa Democratica (Pad) – che include il Raggruppamento per la cultura e la democrazia (Rcd) e il Fronte delle Forze Socialiste (Ffs) – rimane quella per la convocazione di un’Assemblea Costituente che includa tutte le realtà politiche, sociali, economiche, culturali per attuare delle riforme economiche e sociale diventate ormai più che necessarie. Il dialogo del potere politico con l’opposizione e l’Hirak sarà una necessità visto che la protesta non si fermerà e prima o poi il potere comprenderà che non ha altra scelta, se non quella di accettare la volontà popolare per una nuova Algeria che preveda l’instaurazione di uno stato di diritto che garantisca tutte le libertà di una vera democrazia.