«Siete contro la democrazia nei partiti». «E voi siete contro la trasparenza sui finanziamenti». Il partito democratico e il movimento 5 stelle si lanciano opposte accuse, mentre la legge sulla disciplina dei partiti politici, quella che settant’anni dopo dovrebbe dare attuazione all’articolo 49 della Costituzione, va avanti in prima commissione alla camera. Per la fine del mese potrebbe essere votata dall’aula. È una legge che non fa male né al Pd né ai 5 stelle. «È un compromesso al ribasso che non disturba nessuno, i due partiti più grandi fanno solo finta di litigare», dice Stefano Quaranta di Sinistra italiana. Non c’è più nella legge il divieto di presentarsi alle elezioni per i partiti senza statuto, che avrebbe escluso i grillini. E non c’è mai stato un limite serio ai finanziamenti privati, che sotto i 15mila euro in un anno restano anche anonimi. Che la vita interna debba essere ispirata a regole democratiche è appena enunciato. Un emendamento approvato ieri stabilisce che l’organizzazione e il funzionamento dei gruppi politici sono regolati dalle norme del codice civile – che per esempio prevede che l’espulsione di un associato dev’essere deliberata dall’assemblea per gravi motivi. Ma questo solo se lo statuto o l’accordo associativo (che basta per presentarsi alle elezioni) non prevedono diversamente.

Non si tratta di sola teoria, proprio ieri il sindaco di Parma Pizzarotti, espulso dal movimento 5 stelle, ha annunciato che intende rivolgersi al giudice (civile) per essere reintegrato. Ma il movimento ha un regolamento, che rimanda al «non statuto», per il quale sulle espulsioni l’ultima parola è affidata al «capo politico», cioè a Grillo. Oggi non c’è una legge che regoli in maniera diversa i partiti dalle associazioni non riconosciute, ma anche con la legge in discussione non cambierebbe molto.
La commissione affari costituzionali ha però stabilito che le decisioni sul nome e sul simbolo del partito non potranno essere affidate solo al fondatore o a un socio più importante degli altri – il «capo politico» – ma «sono di competenza dell’assemblea degli associati o degli iscritti».
Il movimento 5 stelle aveva presentato un emendamento per sopprimere il secondo comma dell’articolo 2 del testo unificato (firmato dal Pd Richetti), in base al quale «la vita interna dei partiti, movimenti e gruppi politici organizzati e la loro iniziativa politica sono improntate al metodo democratico», ma è stata respinta. Da qui le polemiche dei renziani. Secondo il grillino Toninelli, però, «così c’è il rischio che qualcuno imponga la sua visione di metodo democratico, che magari di democratico non ha nulla». Nella prima repubblica i comunisti avevano timori del genere, motivo per cui non spinsero mai per l’attuazione dell’articolo 49. Nella nuova formulazione dell’articolo 2 della proposta Richetti è stata aggiunta, su proposta di Sinistra italiana, la previsione che «è diritto di tutti gli iscritti partecipare, senza discriminazioni, alla determinazione delle scelte politiche che impegnano il partito». Secondo il deputato Quaranta che ha suggerito l’integrazione «il tema della legge non dovrebbe essere la libertà dei partiti, ma dei cittadini di aderirvi e di contare nelle scelte».
Concludendo l’esame dell’articolo 2, la maggioranza ha votato contro e bocciato un emendamento del capogruppo grillino Nuti che puntava a vietare i finanziamenti anonimi e i finanziamenti provenienti dall’estero». Ma che i partiti debbano dipendere dalle donazioni dei privati, dopo la cancellazione (lenta, ma definitiva) del finanziamento pubblico diretto, i 5 stelle non lo hanno mai messo in discussione.