Se con la sua sbrigativa sortita di domenica Conte voleva «togliersi da davanti» il Mes, ha ottenuto l’effetto opposto, come era in realtà inevitabile. Il tema, che languiva in una sorta di stato di latenza, è balzato al centro della scena politica. Renzi annuncia la formazione di un intergruppi parlamentare per il Sì, una lobby trasversale che sarà in grado di esercitare azioni di disturbo continue. Il vicesegretario del Pd Orlando aderisce e torna alla carica: «È difficile rimodulare le distorsioni del sistema finanziario italiano senza una leva finanziaria. Il Mes è pensato per questo e va valutato senza pregiudizi. Se si preferiscono altre strade bisogna dire quali». Il presidente emiliano Bonaccini rincara: «Va preso subito».

DOPO L’INCONTRO a palazzo Chigi con il premier spagnolo Sanchez, il premier italiano prova a smorzare la polemica: «Il Mes è solo uno strumento finanziario. La nostra politica sanitaria c’è già e il fatto che siamo più o meno attrezzati per fronteggiare l’emergenza non dipende dal Mes». Il capo dei Senatori Pd Marcucci lo rintuzza a stretto giro: «Tema ormai posto. Non divaghi e venga in parlamento». Luigi Di Maio prova a chiudere i giochi: «Conte e Gualtieri sono stati chiari». Si può star certi che invece la faccenda è destinata a montare ulteriormente. La questione ha in realtà due aspetti: uno attiene davvero alla politica economica, ma nel secondo caso il famigerato prestito è invece il tavolo sul quale si gioca la partita all’interno della maggioranza.

Conte e Gualtieri il Mes non lo vogliono davvero. Sono convinti che il segnale inviato ai mercati potrebbe rivelarsi un boomerang e ritengono che scommettere sui tassi eccezionalmente bassi, magari con una raffica di titoli semestrali a tasso sotto zero, sarebbe conveniente persino sul piano finanziario. In apparenza non si capisce bene l’ostilità al Mes quando i prestiti del Recovery Fund sono in realtà identici a quelli del Fondo Salvastati. In entrambi i casi si tratta di prestiti che aumenterebbero il debito. Sarebbero entrambi erogati da «creditori privilegiati», che avrebbero cioè diritto alla restituzione prioritaria, con tutto quel che ciò comporta in termini negativi sugli altri prestatori. Quelli che acquistano sul mercato e potrebbero quindi sentirsi declassati e aumentare di conseguenza il tasso.IN REALTÀ LA CONTRADDIZIONE è inesistente. Il governo italiano ha già deciso, proprio come i fratelli spagnoli e portoghesi, di usare per gli investimenti solo gli 80 miliardi «a fondo perduto» del Next generation Eu. La quota in prestito, invece, o non verrà chiesta oppure, come lascia intendere tra le righe la Nadef, verrà usata solo per operazioni finanziarie. Cioè per acquistare titoli italiani in modo da abbassare i tassi e dunque il peso complessivo del debito. Nessuno ha ancora ufficializzato questa strategia, consentita dai tassi resi molto vantaggiosi dal sostegno della Bce. Il Portogallo si è spinto un po’ più avanti. L’Italia è il Paese che fra i tre si è meno esposto. Ma la decisione di non adoperare i prestiti per gli investimenti è già stata presa.

INTORNO AL MES si articola però anche un gioco teso a modificare profondamente la natura del governo, e questo spiega probabilmente la decisione del premier di aprire a sorpresa le ostilità. A torto o più probabilmente a ragione Conte sospetta che dietro all’insistenza di Renzi per la «verifica», cioè per un radicale rimpasto, ci sia una più o meno tacita intesa tra il leader di Iv e Zingaretti alla quale potrebbe aggregarsi anche Di Maio. Ufficialmente il segretario dem non è interessato a rimpasti di sorta. Lo ha assicurato senza perifrasi anche al capo dello Stato. Ma gli umori e le battute che circolano nel Pd raccontano un’altra verità. Anche Di Maio si schermisce: «Il rimpasto non è una soluzione. Bisogna lavorare sui temi». Ma il tema è ormai sul tavolo, in una partita che s’intreccia con quella sul Mes. «Il confronto per mettere a fuoco le priorità in vista di un arco di governo fino al 2023 ci sarà perché è giusto che ci sia», conferma Conte. Dopo gli Stati generali 5S la verifica sul Mes e sul governo è decisa ed è molto probabile che in quella sede il Pd porrà il problema di un vicepremier di peso, al quale i 5S potrebbero rispondere avanzando la stessa richiesta. Il governo, pur con i ministeri centrali quali Economia e Interni intonsi, sarebbe tutt’altra cosa rispetto alla sovranità assoluta che Conte esercita oggi.

SEMPRE CHE TUTTI questi non siano conti senza il virus. Conte, confortato dal parere dei medici, scommette sul successo della strategia delle mascherine. Spera che, nell’arco di due settimane dall’entrata in vigore del primo dpcm, la curva del contagio quanto meno si arresti. Se la realtà non gli darà ragione tra una settimana tutti i calcoli e le manovre di oggi saranno preistoria.