Da un palco di Manchester, nel luglio scorso, aveva anticipato il suo nuovo lavoro evocando l’immagine di «una band che suona da sola, senza pubblico, su una nave da crociera fantasma». Lontano dalla tragicità del Titanic, Damon Albarn naviga piuttosto verso la sua Thule, guidato dal faro del monte Esja che domina la vista dalla sua finestra islandese. È quel panorama lunare a dettargli l’ecopoesia musicale di The Nearer the Fountain More Pure the Stream Flows, ciclo di canzoni sulla natura come abisso, luce, morte e rinascita. L’idea originaria, prima del covid, era «far suonare il tempo atmosferico» a un’orchestra diretta da André de Ridded, andare in tour e poi registrare. In seguito, le incisioni originarie si sono mescolate a nuove idee sonore, talvolta reminiscenti dell’esperienza con The Good, The Bad & The Queen (Royal Morning Blue), talaltra debitrici delle più recenti ricerche dell’ex Blur. La texture, già densa in Polaris e Tower of Montevideo, si infittisce in Esja e Combustion, trovando risoluzione in Particles. Particelle esplose in un’aurora boreale, particelle che compongono i corpi e che, oscillando, danno vita ai nuovi suoni dell’instancabile artista britannico.