La stampa inglese ha rivelato all’inizio dell’anno che le attuali negoziazioni per il ritorno dei Marmi del Partenone in Grecia riguardano, per la prima volta, un possibile prestito a lungo termine da parte del British Museum. La Grecia prevede di dare in cambio all’istituzione che dal 1816 conserva le sculture di Fidia alcuni capolavori mai usciti dal Paese, per una durata che può spingersi fino a cinquant’anni. Non si tratterebbe, dunque, di un rimpatrio secondo i principi etici del movimento globale per le restituzioni di opere d’arte ma di un mero compromesso di natura politica che, oltretutto, non esita a distorcere la legislazione greca in materia di patrimonio. Nonostante ciò, la stampa internazionale mainstream considera tali negoziati un risultato positivo. Abbiamo dialogato a questo proposito con Angelos Chaniotis, docente di Storia antica e Antichità classiche presso l’Institute of Advanced Studies di Princeton (New Jersey).
«In questo momento il British Museum è sotto forte pressione a causa del drammatico cambiamento dell’opinione pubblica in favore di una riunificazione delle sculture del Partenone. Il British, tuttavia, vuole evitare un precedente «restituendo» un monumento che ha acquisito prima della creazione di regole internazionali in tema di protezione del patrimonio culturale – afferma lo studioso –. Dall’altro lato, il governo greco è ugualmente sotto pressione e smania per ottenere un successo a pochi mesi dalle elezioni parlamentari. In tali condizioni, non possono aver luogo negoziati costruttivi e non mi sorprende che questi si siano conclusi con un fiasco totale, con il ministro della Cultura britannico che ha dichiarato che le sculture del Partenone appartengono alla Gran Bretagna».

«Non credo – continua Chaniotis – che il British abbia trattato con le autorità greche in buona fede. La sua strategia consiste, da sempre, nel presentare la richiesta della riunificazione come una rivendicazione nazionalista. La conservazione dei marmi nelle collezioni del museo britannico, invece, viene motivata come la ’prova’ di un approccio ecumenico. Quest’ultimo punto è falso. Infatti, a differenza di altri monumenti rimossi in toto dai loro paesi di origine, i marmi del Partenone detenuti dal British Museum sono frammenti di un’opera d’arte intenzionalmente amputata. Per questo è importante parlare di ’riunificazione’ e non di ’ritorno’. Mentre il termine ’restituzione’ evidenzia una questione legale (la restituzione di beni rubati), il termine ’riunificazione’ mette in primo piano le ragioni culturali. La riunificazione di un monumento di portata universale è una richiesta ecumenica».

Angelos Chaniotis

Come deve essere considerato il ritorno ad Atene, un anno fa, del cosiddetto frammento Fagan, precedentemente esposto al Museo archeologico A. Salinas di Palermo e la recentissima consegna di tre frammenti dei Marmi del Partenone all’arcivescovo di Atene da parte del papa?
Il «deposito» (nel caso di Palermo) e la «donazione» (nel caso del Papa) significano il definitivo passaggio di proprietà al Museo dell’Acropoli. Questa è la soluzione che è stata scelta anche per un frammento del fregio del Partenone che l’Università di Heidelberg ha devoluto al Museo dell’Acropoli nel 2006, quando ero vice-rettore della medesima università tedesca. Tale donazione – si trattò del primo frammento del Partenone a essere ricongiunto alle sculture del Museo dell’Acropoli – non ha rappresentato il termine di una transazione bensì un gesto unilaterale, che ha riconosciuto l’importanza del «restauro» di un monumento di significato universale. Quell’azione fu ricambiata, per parte greca, con il prestito temporaneo di un’antica scultura. Penso che questo sia il modello che dovrebbe seguire il British Museum. A mio avviso, l’unica risoluzione chiara, permanente, moralmente accettabile e scientificamente valida della contesa è la donazione incondizionata delle sculture del Partenone. Non scambio, non prestito, non ricongiungimento graduale. Una volta che il British Museum effettuerà una donazione incondizionata delle sculture, allora potrebbe aprirsi la strada per una collaborazione tra i musei regionali del Paese e lo stesso British per la promozione della cultura greca attraverso mostre periodiche.

Nel frattempo, il governo greco ha ripreso formalmente possesso della Collezione Stern (una collezione privata di 161 pezzi di arte cicladica, «ndr») ma il Metropolitan Museum (Met) di New York potrà disporne per cinquant’anni. Anche in questo caso si tratta di un compromesso «immorale»…
L’accordo riguardante la Collezione Stern è vergognoso sotto ogni aspetto. È certo che almeno uno degli oggetti di questa collezione proviene dal commercio illecito di antichità e gli esperti sospettano che altri reperti siano falsi. L’accordo, inoltre, non solo dà legittimità a una collezione di oscura provenienza, ma ne prevede anche l’ampliamento attraverso future donazioni e prestiti da parte di altri collezionisti privati. Sebbene il governo greco abbia parlato di «rimpatrio», la collezione non tornerà in Grecia fino al 2073. In cambio dell’esposizione temporanea di 45 oggetti della Collezione Stern in un museo privato in Grecia, i musei pubblici del Paese saranno obbligati a prestare opere dalle loro collezioni al Met fino al 2073. Inoltre, è previsto che tra cinquant’anni la collezione non venga ceduta a un museo pubblico greco ma ad un museo privato della capitale, il Goulandris Museum. Il «rimpatrio» dei reperti cicladici dovrebbe avere un solo obiettivo: esposizione in un museo pubblico delle Cicladi e non in un museo privato di Atene, la cui collezione, peraltro, prende origine da siti archeologici saccheggiati.

La situazione dei siti archeologici della Grecia è ugualmente preoccupante: l’Acropoli di Atene è stata devastata da passerelle in cemento, rovine rilevanti dell’antica Tessalonica sono state smantellate…
I danni ai siti archeologici sono iniziati ben prima di questi episodi. Il sito della battaglia di Maratona è stato scelto per la costruzione del Centro di canottaggio in occasione delle Olimpiadi del 2004. L’Altare dei dodici dèi nell’Agorà di Atene è stato coperto dalla costruzione della linea metropolitana. A Salonicco le antichità, che hanno senso solo se viste nel luogo del rinvenimento – un’antica strada, botteghe e testimonianze di una continuità di vita nello stesso luogo –, sono state rimosse per la costruzione della stazione della metropolitana Venizelos, nonostante l’esistenza di alternative. Circa il 90% delle strutture archeologiche pertinenti a questo sito verranno ricostruite, ma non nella posizione originaria. Tutti questi casi sono tasselli di uno stesso grande quadro: quando i monumenti sono un ostacolo per i cantieri, i grandi investimenti o il turismo di massa, gli interessi economici prevalgono sulla conservazione della memoria culturale.

Come vede il futuro della tutela e della gestione del patrimonio archeologico nel suo Paese?
I deficit nella conservazione del patrimonio sono solo un aspetto di tutta una serie di problemi legati all’archeologia in Grecia. Si va dalla formazione accademica degli archeologi e dall’organizzazione del Servizio archeologico alla pubblicazione dei reperti degli scavi, all’organizzazione dei musei, alla formazione delle guide turistiche. Non solo l’attuale ma anche i governi passati non sono riusciti a capire che la conservazione del patrimonio richiede un approccio olistico e non misure ad hoc. In breve: richiede una strategia e tale strategia semplicemente non esiste, e non esisterà finché la gestione del patrimonio sarà determinata dalla politica dei partiti.