Elisabetta Belloni, diplomatica e capo dei servizi segreti, potrebbe essere oggi stesso la prima donna presidente della Repubblica italiana. Ieri sera sostenevano la sua candidatura i leader di M5S, Lega, Fdi e, con cautela maggiore, anche il segretario del Pd Enrico Letta. Nella notte però gli ostacoli si moltiplicano. Renzi, ricordando che si tratta di una sua amica, boccia l’eventuale candidatura: «Che il capo dei servizi diventi presidente è inaccettabile». Forza Italia è laconica: «Per noi non va bene». E in serata gli azzurri fanno sapere: «Da domani trattiamo autonomamente». LeU considera la candidatura di Belloni «assolutamente inopportuna» e «inaccettabile» la presenza di due tecnici a palazzo Chigi e sul Colle. I centristi della destra si confessano «perplessi».

MA LA FRONDA È FORTE anche nei partiti che sostengono la candidatura. Tra i 5 Stelle Di Maio aveva già affondato quella scelta due giorni fa. Nel Pd i parlamentari ostili sono molti: «Ricordo che i nomi dei candidati dovranno essere votati dall’assemblea dei grandi elettori. Non si possono votare candidati a scatola chiusa», parte all’attacco l’ex capo dei senatori Andrea Marcucci. Così, dopo lo slancio iniziale, prevale la prudenza. Il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari chiarisce che la Lega non ha preso impegni su Belloni. Il Nazareno esclude «fughe in avanti». L’opzione donna resiste ma sul tavolo, oltre al nome del capo dei servizi spuntano anche quelli di Cartabia e Severino.

L’accordo tra i principali leader era stato trovato non solo dopo ma anche grazie alla rovinosa caduta della presidente del Senato Elisabetta Casellati. Appena due giorni fa la diplomatica capo dei servizi segreti e grande protetta, almeno sinora, di Mario Draghi era stata affossata dal fuoco concentrico di Renzi, Di Maio, centristi della destra, LeU e buona parte dei parlamentari del Pd. Letta, che aveva già dato la sua benedizione, aveva ingranato la marcia indietro. Ma dopo cinque giorni di votazioni a vuoto e sceneggiate smentite poi dai fatti, dopo il crollo della «candidata donna» Casellati, i leader si sono spaventati, hanno preso la rincorsa.

SUL TAVOLO, in quel momento, capeggiava l’opzione Mattarella bis. Nella sesta votazione, nella quale tutti avevano la scheda bianca per consegna, gli elettori del centrosinistra avevano deciso di convogliare molti voti sul presidente uscente come segnale e insieme pressione «dal basso». Saranno infatti ben 336. I delegati regionali erano già schierati dietro la bandiera del presidente uscente. Per Matteo Salvini, regista del disastro Casellati e alla ricerca di una strada per cancellare la figuraccia in stile Papeete, però il corteo supplice da Mattarella sarebbe stata una sconfitta cocente che, oltretutto, avrebbe reso inevitabile lo strappo con la battagliera FdI di Giorgia Meloni.

IL CAPO DELLA LEGA è andato a discutere della spinosa faccenda con Mario Draghi, non a palazzo Chigi ma in un’abitazione nei pressi di via Veneto. Cosa i due si siano detti non si sa. È possibile che il leghista abbia chiesto la benedizione del premier per la promozione della ex segretaria generale della Farnesina nel posto che SuperMario voleva per sé: situazione spiacevole da manuale. Il verdetto del capo del governo è fondamentale, anche se per ora ignoto. Proprio la crescente convinzione che l’elezione di Pier Ferdinando Casini spingerebbe Draghi verso la dirittura d’uscita è infatti uno degli elementi principali che giocano a sfavore di Casini, e da ieri l’argomento inizia a preoccupare gli stessi renziani.

SUBITO DOPO la chiacchierata, Salvini con in tasca anche la delega di Giorgia Meloni, Conte e Renzi si incontrano nelle sale del gruppo dei deputati 5S e lì il leader pentastellato ufficializza la proposta che già tutti hanno in mente. Chiede di riprendere quella candidatura della diplomatica alla quale aveva rinunciato controvoglia e che aveva difeso sino all’ultimo. I colleghi concordano. Si presentano di fronte alle telecamere uno dopo l’altro e tutti insistono, Letta più vago, gli altri due andando giù piatti, sulla «candidata donna». Le altre strade non vengono sbarrate una volta per tutte. I leader, che si incontrano per la prima volta tutti insieme dall’inizio delle votazioni, intendono verificare anche quelle già note: Draghi, Casini, soprattutto Mattarella.

Nessuno di questi nomi li mette però tutti d’accordo e a nessuno sfugge il ritorno mediatico che avrebbe l’insediamento di una donna al Quirinale.
Però il Parlamento che deve eleggere il prossimo presidente è il più ingovernabile nella storia della Repubblica. Neppure l’appoggio dei principali leader protegge del tutto da tonfi rovinosi. Per questo i leader hanno deciso di pensarci bene prima di tentare l’azzardo.

Errata Corrige

Il centrodestra si schianta in aula su Casellati. Alla sesta votazione boom per il Mattarella bis con 336 voti. Salvini si arrende e accetta di incontrare Letta e Conte. I leader di M5s e Lega annunciano una donna presidente. Grillo: «È Belloni». Il no di Pd, Leu, Renzi e Forza Italia