Un 8 marzo di passione, quello del Pd, messo sulla graticola dai giornali dove campeggiano gli appelli perché uno dei tre meccanismi immaginati da altrettanti emendamenti all’Italicum, firmati da un’alleanza trasversale di donne e uomini, venga approvato. Sul partito di Renzi le pressioni arrivano da ogni parte: dalla ’base’, che ieri ha festeggiato la festa della donna in tutta Italia, e le polemiche anti Italicum sono piovute da ogni città; dalle parlamentari, con il carico da novanta della senatrice Anna Finocchiaro, prestigiosa dalemiana con dente avvelenato contro Renzi, che ha avvertito che se non passa alla camera «certamente al senato riprenderemo a discutere questo punto».

Persino Shirin Ebadi, l’iraniana premio Nobel per la pace, dall’università Sant’Anna di Pisa, ha lanciato un appello all’indirizzo dei presidenti Renzi, Boldrini e Grasso: «Il governo e parlamento italiano includano nella riforma della legge elettorale specifiche misure a favore dell’uguaglianza di genere».

Il Pd dunque balla. E ballerà ancora fino a lunedì, quando alle 9 e mezza a Montecitorio è previsto il comitato dei 9 che deve decidere sulle questioni accantonate (il Salva-Lega, le pluricandidature); poi alle 11 la parola passa all’aula. E lì, al massimo entro martedì, l’Italicum verrà approvato.

Ma ieri si è capito che uno spiraglio c’è, una soluzione dovrebbe arrivare. Aiutata da presidente Napolitano, che alla celebrazione della giornata delle donne, al Quirinale, ha lanciato un ’segnalone’ alle forze politiche: «Troppo spesso si sente dire che il tema delle pari opportunità è superato perché viviamo già in una condizione di uguaglianza giuridica e materiale tra i sessi. Ovviamente non è vero. In particolare non lo è in Italia». Più chiaro di così. E la ministra Maria Elena Boschi, davanti ai cronisti ha lasciato trapelare un filo di ottimismo: «Come di altri profili che hanno riguardato la legge elettorale, se c’è la possibilità di migliorarla con la partecipazione di tutti gli attori, ci proveremo fino in fondo, mantenendo fermi gli impegni presi».

Alla lettera, si tratta della ripetizione della posizione del governo, che non può discostarsi dall’accordo con il Cavaliere ma non vuole essere costretto a dare parere negativo sui tre emendamenti. Ma con i suoi, Boschi è stata decisamente ottimista.

Il lavorìo del Pd, armato di calma e pazienza vista la posta in gioco, ieri è proseguito a colpi di telefonate fra i quattro ambasciatori, Lorenzo Guerini e Roberto Speranza (Pd), e Denis Verdini e Renato Brunetta (Forza italia). Brunetta è contrario alla parità di rappresentanza garantita per legge. In Forza Italia c’è uno zoccolo duro, per lo più di uomini, preoccupati di essere depennati dalle liste. E senza ammetterlo pubblicamente, anche nell’Ndc sono in molti pronti a votare comunque contro. Ma il Cavaliere, sondaggi alla mano (gli italiani sono favorevoli all’equilibrio dei generi, e ancora di più le italiane) starebbe ragionando. Il punto vero è, per lui e per Verdini, avere le mani libere sui capilista. E il combinato disposto del terzo emendamento, quello di mediazione che prevede un riparto 60/40 tra i generi, insieme al meccanismo delle candidature plurime, non a caso ancora accantonato, tutto sommato gli lascia la libertà di concedersi il capriccio di un gesto liberale, dandola vinta alle forziste salite sulle barricate. Basta presentare una donna come capolista in più circoscrizioni, che dovrebbe poi optare per una, ed è assicurata l’elezione del nome successivo in tutte le altre: maschile s’intende.

Con un sì Berlusconi farebbe un figurone nell’opinione pubblica. E Renzi eviterebbe una figuraccia e poi un nuovo conflitto al senato. Soprattutto eviterebbe che il governo, per metà di donne, fosse costretto a dare parere negativo agli emendamenti. Rischiando, al voto segreto che verrebbe richiesto da una pattuglia di forzisti (bastano 30 deputati), di essere battuto per la prima volta.