A causa della pandemia, da due anni la cerimonia di consegna dei premi Nobel non si svolge alla corte di Stoccolma ma nei luoghi di origine dei premiati. Ieri sera è toccato dunque all’ambasciatore di Svezia recarsi all’Aula Magna dell’università Sapienza di Roma per consegnare al fisico Giorgio Parisi il premio Nobel per la fisica del 2021, vinto per i suoi studi sui sistemi disordinati insieme ai climatologi Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann. E forse è stato meglio così, perché l’austera cerimonia per una volta si trasforma in un abbraccio caloroso tra Parisi e la sua comunità, scientifica e non. In platea tanti colleghi del fisico romano, rettori ed ex-rettori, ministri e diplomatici. Si respira un’atmosfera vagamente sanremese, forse per l’orchestra da camera e i tanti fiori sul palco. «Vengono proprio da lì» spiega l’ambasciatore svedese Jan Bjorklund. «È nella sua villa a Sanremo, oggi un museo, che Nobel morì nel 1986. I fiori li ha inviati il sindaco».

Nella piccionaia dell’Aula Magna affrescata da Sironi c’è meno formalità. Lì hanno trovato posto gli allievi di Parisi che in ottobre salutarono la notizia del Nobel con uno striscione appeso sul dipartimento di fisica – a metà tra una curva da stadio e un’occupazione studentesca.
Alla premiazione del ventiduesimo premio Nobel italiano fa gli onori di casa la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni. Cita una famosa metafora di Newton: «Parisi è uno degli giganti su cui saliranno le generazioni future per scrutare i nuovi orizzonti del sapere». Anche il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, con la fascia tricolore d’ordinanza, è venuto a fare i suoi omaggi al Nobel. Gualtieri alla Sapienza è di casa come Parisi.

Se il fisico la occupò da studente nel 1968, Gualtieri era alle assemblee della Pantera del ‘90 in quota Fgci e nell’ateneo ha insegnato storia contemporanea prima di darsi interamente alla politica. Da neo-sindaco ha voluto Parisi alla presidenza onoraria del Comitato scientifico di Roma Capitale. «Parisi è riuscito a mettere ordine nel disordine» spiega. «Le sue teorie trovano applicazioni in tanti ambiti, dalle neuroescienze al clima. Chissà che non ci aiutino anche col traffico di Roma…». Quella di Gualtieri è una battuta. Ma ai tempi di Rutelli il vicesindaco Walter Tocci (fisico anche lui) chiese davvero aiuto a Parisi per la gestione del traffico, impresa che avrebbe meritato un Nobel a sé.

D’altronde l’impatto positivo della scienza per l’umanità è uno dei requisiti del premio, come ricorda la ministra Maria Cristina Messa. «La scienza non è neutrale» ammonisce. «Il Nobel è un dissuasore morale, l’uso della scienza deve restare una forma di solidarietà». Anche il riconoscimento a Parisi, premiato non a caso insieme a due climatologi, va in questa direzione. Perché i sistemi disordinati studiati da Parisi possono aiutarci a orientarci nella complessità, come spiega il fisico Enzo Marinari, a cui è affidato il compito – arduo – di sintetizzare le ricerche di Parisi per il pubblico non esperto. Lo fa con una certa poesia: «Il disordine è un labirinto e ci si perde. Oppure è una montagna con tante valli, ma di cui non si ha la mappa».

Tocca infine a Parisi prendersi gli applausi meritati ricevendo la medaglia (in questo consiste il premio) dalle mani dell’ambasciatore svedese. Ringrazia maestri e collaboratori, e anche l’Accademia di Svezia «per avermi premiato con i due climatologi che hanno messo l’umanità davanti alla crisi climatica in maniera scientifica». Non sono parole da festa, ma dalle spalle dei giganti il panorama non è più quello di una volta.