L’Europa non riesce a dare nessuna risposta comune alla tragedia dei rifugiati e così gli sbarchi in Italia si ripercuotono negli altri paesi. E’ il caso della Francia, dove il governo ha deciso di intervenire con la mano pesante. Da anni dura il dramma di Calais, senza che venga trovata una soluzione.

Adesso, anche a Parigi si sono formati dei veri e propri «campi profughi» improvvisati, che le autorità vogliono smantellare. Ieri nel tardo pomeriggio c’è stata una manifestazione di protesta nel XVIII arrondissement della capitale, in seguito allo sgombero brutale della vigilia: alla Halle Pajol la polizia è intervenuta per cacciare i migranti che erano tornati non lontano dalla stazione del métro La Chapelle, da dove erano stati portati via il 2 giugno.

Quel giorno, l’operazione di era svolta in un clima relativamente calmo, l’evacuazione di circa 450 persone era stata preparata, la prefettura aveva spiegato che tutti i migranti erano stati sistemati in hotel o in centri di accoglienza, che coloro che avevano diritto a un titolo di rifugiato (eritrei, ma anche in parte sudanesi e somali) erano stati informati e aiutati per le pratiche amministrative. Le famiglie, con donne e bambini, sono state accolte in modo più o meno decente. Ma gli uomini soli si sono trovati spiazzati, isolati, sistemati lontano dai centri di aiuto. Per loro, sono state garantite prima 3 poi altre 4 notti negli hotel, ma una settimana dopo si sono ritrovati in strada.

Più di 200 tra coloro che avevano diritto a presentare una domanda d’asilo hanno rifiutato, perché vogliono andare altrove, in Germania, Gran Bretagna o Svezia, dove hanno dei legami. Così, queste persone sono tornate nel XVIII arrondissement, dove negli ultimi giorni ne sono arrivati altri, molto probabilmente dall’Italia. E a questo punto, la polizia è intervenuta senza guanti. Lo sgombero di lunedì pomeriggio è stato violento, dei cittadini hanno cercato di opporsi all’assalto della polizia. Alexis Corbière, del Parti de Gauche, paragona l’intervento attuale allo sgombero violento di 19 anni fa, alla chiesa Saint-Bernard, da parte del governo Juppé, che aveva sollevato una grande indignazione e un forte movimento di solidarietà in seguito allo sciopero della fame di un gruppo di rifugiati.

Pierre Laurent, segretario del Pcf, si è detto «indignato» dal comportamento del governo Valls, che «manda la forza pubblica contro i rifugiati». La segretaria di Europa Ecologia, Emmanuelle Cosse, ha espresso «vergogna». Ma il prefetto di Parigi, Bernard Boucault, non ha nessuna intenzione di cedere: «adesso applichiamo la legge, chi non vuole chiedere l’asilo non ha nessun diritto di restare sul territorio» francese e quindi verrà espulso.

Il governo Valls risponde così all’assalto del Fronte nazionale, che soffia sul fuoco dal punto di vista politico, mentre degli energumeni di estrema destra molestano fisicamente i migranti che vivono nei campi di fortuna. «A che cosa serve evacuare per poi alloggiare meglio a spese dei contribuenti? – chiede retoricamente il segretario generale del Fronte nazionale, Nicolas Bay – bisogna espellere dal territorio nazionale tutti i clandestini».

Le associazioni si sentono impotenti, i campi improvvisati sono invivibili e pericolosi per la salute, ma l’espulsione è una tragedia.

La Francia che taglia i programmi pubblici è anche oggetto di critiche da parte dell’Unicef. Secondo un rapporto diffuso ieri, più di 3 milioni di bambini vivono in Francia sotto la soglia di povertà, 30mila sono senza tetto, 9mila abitano in bidonville (sono soprattutto i rom). Una «situazione inaccettabile per i bambini migranti», sottolinea l’organizzazione dell’Onu che difende l’infanzia.